Croce Rossa Italiana - Comitato di Pisa
 
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Il Telegrafo 3 dicembre 1942

merelli livio
 Fonte:  archivio UNIPI

 

Livio Merelli
Piacenza, 21 novembre 1886
Pisa 12 ottobre 1918

Profilo storico della Croce Rossa Italiana: Dott. Livio Merelli, Tenente medico C.R.I.; Socio perpetuo C.R.I. “alla memoria”; Medaglia d’argento al merito della Salute Pubblica “alla memoria”.

Nasce a Piacenza il 21 novembre 1886. da Giacomo e Anna Arata; poco dopo la sua nascita la famiglia trasferisce la propria residenza a Parma, città di origine dei genitori.
Nell’anno accademico 1905-1906 si iscrive al primo anno della facoltà di medicina e chirurgia della R. Università di Pisa, qui segue con pieno successo gli studi e nel 1911 consegue la Laurea “con lode” in Medicina e Chirurgia.


Poco dopo, a causa dell’epidemia colerica che colpisce Pisa, il giovanissimo medico presta servizio volontario come “interino”, esercitando il compito provvisoriamente assegnato presso la condotta medica di Lungarno Galilei a Pisa. Il Dott. Merelli si dimostrò un appassionato studioso, un attento osservatore e un prolifico relatore; la sua vocazione era quella di percorrere la carriera universitaria dedicandosi alla ricerca ed all’insegnamento, decise quindi di trasferire la sua residenza da Parma a Pisa, in Via Rigattieri, e di effettuare l’iscrizione obbligatoria all’Albo dei Medici Chirurgi di questa stessa Provincia.
Tra il 1912 ed il 1913 il dott. Livio Merelli si iscrisse al Comitato di sezione della Croce Rossa Italiana, si arruolò anche tra i volontari “a disposizione” per essere chiamati a prestare servizio in caso di guerra o di pubbliche calamità come Medico Assistente di 2^ classe, corrispondente all’epoca al grado di Sottotenente medico C.R.I..


Il 16 novembre 1913 iniziò la desiderata carriera universitaria conseguendo la nomina ad “Assistente volontario, confermato tacitamente di anno in anno sino a contraria disposizione”, presso la Clinica Medica Generale dell’Università di Pisa diretta dal Prof. Giovanni Battista Queirolo.


L’ 1 aprile 1914, il riconoscimento del suo impegno all’Università portò ad una prima sostanziale modifica, il Dott. Merelli venne nominato “Assistente in soprannumero”, con uno stipendio annuo di lire 1.200, e fu assegnato all’Istituto di Igiene della R. Università di Pisa, in questo istituto, sotto la direzione del Prof. Alfonso Di Vestea, in poco tempo divenne “Assistente effettivo” rimanendo con tale titolo a servizio della scienza medica fino alla sua prematura morte.


Di quei primi anni ci giungono interessanti pubblicazioni in campo medico scientifico:
“Sulla etiologia della parotite epidemica, ricerche batteriologiche e sierodiagnostiche” pubblicato in Pathologica: Volume 4, Istituto di Clinica Medica Generale della R. Università di Pisa, 1913.
“Cultura placentare in vitro, sulle culture pure di cellule neoformate, sulle leggi di blastotropismo generativo….” Istituto di Igiene della R. Università di Pisa. 1914.
“Vaccinazioni multiple simultanee, nota preventiva” Istituto di Igiene della R. Università di Pisa, Tipografia G. Schenone, Genova, 1915.


Con l’entrata in guerra dell’Italia il 24 maggio 1915, Livio Merelli, a 29 anni, viene chiamato in servizio attivo nel personale militare della Croce Rossa Italiana in qualità di medico assistente, con il grado di Sottotenente medico; viene assegnato all’Ospedale militare territoriale della C.R.I. a Marina di Pisa, in approntamento, che con l’ Ospedalino Militare di Migliarino Pisano, ubicato all’interno della Tenuta di Migliarino, entrarono in funzione il 28 luglio 1915; le due strutture erano poste agli ordini del Direttore Comandante, Prof. Antonio Cesaris-Demel, Maggiore medico C.R.I..


Nel gruppo iniziale dei medici assistenti chiamati in servizio, con il protrarsi della grande guerra, si registreranno numerose modifiche con l’acquisizione di nuovi elementi, con trasferimenti per altre destinazioni e, purtroppo, decessi. La squadra iniziale del personale medico era composta dal Tenente medico CRI Dott. Augusto Basunti, e dai Sottotenenti medici CRI: il dott. Vincenzo Sassetti, il Dott. Dino Bogi, e dal Dott. Livio Merelli; i chirughi furono: il Capitano medico CRI prof. Guido Ferrarini ed il Capitano medico CRI cav. Dott. Oreste Baciocchi.


L’impianto ospedaliero della Croce Rossa Italiana a Marina di Pisa, con 160 posti letto, per il ricovero dei soldati feriti evacuati dal fronte con i treni ospedale, risultò una struttura completa ad alta specializzazione chirurgica, cui si aggiungeva l’Ospedalino Militare nella Tenuta di Migliarino Pisano, con 40 posti letto iniziali, voluto dal Duca Salviati; nonostante la distanza quest’ultimo fu un reparto di degenza e convalescenza per i soldati feriti, ormai in via di guarigione, che lì venivano trasferiti da Marina di Pisa.


Nonostante i buoni successi riportati nelle cure si faceva appena in tempo a dimettere i fortunati guariti che purtroppo arrivavano altri treni ospedale con nuovi soldati feriti sgombrati dal fronte. Instancabili i medici operarono, amputarono e curarono, ma combatterono soprattutto contro le infezioni, riportate spesso a seguito dei primi interventi chirurgici effettuati sotto le tende degli ospedali al fronte e, non esistendo ancora gli antibiotici come li conosciamo oggi, con i rimedi dell’epoca era spesso una lotta impari che poteva portare alla morte.


All’interno dell’Ospedale a Marina di Pisa erano stati impiantati un laboratorio di ricerca batteriologico ed un laboratorio istologico, il Direttore Comandante, Prof. Antonio Cesaris Demel, volle affidarli al Sottotenente medico Dott. Livio Merelli in quanto già valente Assistente nell’Istituto di Igiene della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Pisa.


Il Dott. Livio Merelli, oltre ai suoi doveri di ufficiale medico, si adoperò quindi con dedizione e passione a tale incarico, riuscendo persino a coinvolgere colleghi, e insigni studiosi dell’Università di Pisa che offrirono la loro opera e, quando le ricerche esigevano maggiori approfondimenti, si ricorreva alle migliori strumentazioni dell’epoca messe a disposizione dall’Università stessa. Taluni casi curati in quelle tragiche circostanze divennero fonti per studi di medicina e chirurgia dell’Università di Pisa. La massima attenzione venne poi prestata in Ospedale all’igiene, alla pulizia della biancheria, alla lavatura ed alla sterilizzazione.


Proprio la dedizione e l’impegno, che al termine della sua vita gli saranno purtroppo fatali, a fine dicembre del 1915 salvarono la vita al Sottotenente Livio Merelli che mentre era impegnato in una ricerca di laboratorio a Marina di Pisa, per risolvere un caso clinico grave, avrebbe dovuto raggiungere l’Ospedalino militare a Migliarino Pisano per dare il cambio all’ufficiale medico di guardia; venne sostituito all’ultimo minuto dal collega Sottotenente Dott. Vincenzo Sassetti ma, l’automobile di servizio non giunse mai a Migliarino Pisano, durante il tragitto da Marina di Pisa, prima di arrivare nei pressi di San Piero a Grado ed imboccare il “Ponte del Re”, struttura sull’Arno che oggi non esiste più, l’automobile uscì fuori strada e si ribaltò più volte causando la morte del Sottotenente medico Vincenzo Sassetti ed il grave ferimento del conducente.
Il Sottotenente Livio Merelli fu anche l’animatore dei locali destinati al servizio di isolamento, per la profilassi e la cura nei casi di malattie infettive tra i soldati feriti e malati, dalle sue ricerche nelle cure ne trasse argomento per uno studio epidemiologico sulla Meningite cerebro-spinale, pubblicata nella sua qualità di Assistente dell’Istituto di Igiene della R. Università di Pisa nel 1916.


Sul finire del 1916, con decorrenza 31 agosto 1916, il Dott. Livio Merelli venne promosso per anzianità di Laurea al grado di Tenente medico C.R.I. “Medico Assistente di 1^ classe”.
Sul fronte italiano, Il 29 giugno 1916, avevano fatto la loro prima comparsa i gas asfissianti, allorché gli austro-ungarici attaccarono con massicce quantità, di una miscela di cloro e fosgene, le linee italiane a presidio del Monte San Michele; ora oltre al caro prezzo già pagato in morti e le sofferenze dei feriti ed i malati di guerra, lo sviluppo di questi nuovi metodi e mezzi di guerra aggiunsero altre sofferenze, oltre ad altre preoccupazioni; si dovette comunque provvedere alle cure per i sopravvissuti rimasti intossicati dai gas asfissianti.


Insieme alle contromisure per la protezione dalla nuova arma chimica, il Comando Supremo del Regio Esercito Italiano iniziò a preoccuparsi di altre insidie, per i nostri combattenti, che arrivarono dalle molte malattie che costantemente attentavano alla loro vita e che, nel logorio delle trincee, trovarono un terreno fertile dove diffondersi con potenza devastatrice. Venne presa la decisione di istituire dei “servizi batteriologi al fronte” presso i comandi di Corpo d’Armata, allo scopo di monitorare la situazione e dirigere l’esecuzione attenta delle norme di prevenzione indicate da quella branca della medicina che prende il nome d’Igiene; fu così che nel febbraio 1917 il Tenente medico CRI Livio Merelli, in qualità di specialista esperto, lasciò l’Ospedale Territoriale a Marina di Pisa e venne trasferito dal servizio territoriale alle unità mobili della C.R.I. presso l’esercito operante; venne destinato alla IV Armata, dislocata oltre l’Alta Valle del Cordevole, presso la Direzione di uno dei servizi batteriologici al fronte, il cui compito fu quello di combattere contro le malattie più diffuse e più pericolose negli anni della grande guerra: il tifo esantematico o petecchiale, il colera, la dissenteria amebica, la malaria, la tubercolosi. La formazione e l’esperienza del dott. Merelli si dimostrarono elementi utilissimi per il contrasto a queste malattie, e vennero adottate ulteriori misure di prevenzione per i soldati al fronte con la somministrazione di “vaccinazioni multiple simultanee”: un procedimento a cui, lo stesso Dott. Livio Morelli, aveva già dato notevole contributo in passato mediante pubblicazione di studi medico scientifici sull’argomento.


Questa attività durò fino al 24 ottobre 1917, quando avvenne lo sfondamento delle linee italiane da parte dell’esercito austro-ungarico: la sconfitta di Caporetto. Il R. Esercito Italiano, per non essere distrutto, dovette arretrare sul Tagliamento, con manovre disordinate, ed arretrò oltre fino a quando il 12 novembre 1917 si potette attestare su una nuova linea difensiva, quella del fiume Piave. In quei concitati e folli giorni l’Alta Valle del Cordevole, da sede del Comando del IV Corpo d’Armata, si venne a trovare in prima linea ed il Tenente medico Livio Merelli si prodigò, insieme agli altri militari C.R.I., come eroicamente poterono, alla cura dei numerosi soldati feriti che giungevano negli Ospedali da campo, i pochi rimasti operativi, in una situazione incerta e di pieno marasma. Mantenendo finalmente la nuova linea difensiva sul Piave, il R. Esercito, passato ora sotto il Comando Supremo del Generale Armando Diaz, in breve tempo si riorganizzava: il Tenente Merelli, ai primi del 1918, poté lasciare il “servizio batteriologico” e ritornare al servizio territoriale a Pisa.
Le ragioni di questa riassegnazione furono che presso la R. Università di Pisa venne istituito un corso per studenti militari del primo triennio di Medicina e Chirurgia, seguendo l’esempio delle Università di Padova e di Bologna, dopo la chiusura definitiva dell’Università Castrense – Scuola Medica, di San Giorgio di Nogaro, struttura rimasta sul territorio invaso dal nemico. Il Tenente Livio Merelli si divideva ora tra il servizio medico presso l’Ospedale militare territoriale della C.R.I. a Marina di Pisa, le ricerche batteriologiche di laboratorio e l’insegnamento al Corso per studenti militari quale Assistente di Igiene della facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Pisa.


Dopo il rientro a Pisa il Tenente Merelli era rimasto in stretto contatto con un suo superiore nel “servizio batteriologico”, il Maggiore Medico Prof. Dott. Alberto Marrassini, libero docente ed Aiuto presso l’Istituto di Patologia Generale dell’Università di Parma, entrambi intenzionati a non disperdere il bagaglio medico esperienziale e le osservazioni scientifiche riportate al fronte.


Con il pieno assenso e sostegno del Direttore Comandante dell’Ospedale militare territoriale C.R.I. a Marina di Pisa, Ten. Colonnello C.R.I. Prof. Antonio Cesaris Demel, il Tenente Livio Merelli poteva ora continuare le ricerche in campo batteriologico dal suo osservatorio a Pisa dove del resto, in quel periodo, non mancarono di certo le malattie infettive e le epidemie che colpirono il territorio: tifo, tubercolosi, dermotifo e quella che venne definita per l’epoca “influenza dominante” che in seguito avrebbe preso il nome di influenza spagnola.


In quel periodo il Tenente Livio Merelli si tenne ancor più in stretto contatto con il Prof. Francesco Pardi, Presidente del Comitato di sezione di Pisa della Croce Rossa Italiana; il Comitato pisano della Croce Rossa, accogliendo le direttive del Presidente Generale della C.R.I., intendeva iniziare la lotta contro la tubercolosi sul territorio ed aveva indetto delle adunanze nelle quali erano intervenuti i più ragguardevoli cittadini e studiosi di Pisa, erano stati discussi i punti più importanti per un programma d’intervento e, con i suoi “buoni uffici”, la Croce Rossa permise la realizzazione di altri incontri a Pisa che abbozzarono realmente il piano di intervento, a tutela della salute pubblica, nella lotta contro questa malattia e le epidemie in genere, con il coinvolgimento di istituzioni che a quel tempo non erano affatto coordinate tra loro.


Quello che preoccupava di più il Tenente Livio Merelli ed il Maggiore Alberto Marrassini era la rapida diffusione dell’influenza dominante, iniziata quando il 21 marzo 1918 gli imperi centrali avevano tentato una grande offensiva sul fronte occidentale, la “Battaglia per l’imperatore”, che si fermò nel giro di pochi giorni perché i soldati crollavano a terra a causa di una febbre che si diffondeva rapidamente sui campi e nelle trincee, sia dall’una che dall’altra parte. Inizialmente i medici militari la scambiarono per una normale influenza visto che si manifestava con gli stessi sintomi, ma in realtà si trattò di una nuova terribile epidemia. Gli effetti di questa nuova epidemia di cui i medici faranno fatica ad individuare le cause e capire l’andamento, saranno devastanti in costi di vite umane.


A questa influenza sarà dato in seguito il nome di "spagnola" poiché la sua esistenza fu riportata dapprima soltanto dai giornali spagnoli: la Spagna non era coinvolta nella guerra e la sua stampa non era soggetta a censura di guerra; mentre nei paesi belligeranti la rapida diffusione della malattia fu nascosta ai mezzi d'informazione; negli ambienti medico scientifici italiani, con le poche notizie a disposizione in quel periodo, venne utilizzato il termine “influenza dominante” o “dominante epidemia”.


La prima ondata era giunta a Pisa a fine primavera, inizio estate, del 1918. La malattia stroncava prevalentemente giovani adulti precedentemente sani ed aveva un tasso di mortalità alto, il quesito era se potesse ritenersi che nei giovani adulti l'elevata mortalità fosse legata alle forti reazioni immunitarie; mentre la probabilità di sopravvivenza, in alcune aree come le campagne, paradossalmente era più elevata in soggetti con sistema immunitario più debole, come bambini e anziani. L’osservazione dei soldati feriti e malati sgombrati dal fronte e sottoposti a ulteriore misura di quarantena presso l’Ospedale Territoriale C.R.I. a Marina di Pisa, portava a considerare, dai referti medici, che le circostanze speciali della guerra contribuivano spesso anche a una conseguente superinfezione batterica, ossia che l’ampia presenza di germi e batteri di diversa natura nelle zone di guerra contribuiva al diffondersi dell’epidemia. Di tutte queste attente osservazioni e ricerche il Tenente medico C.R.I. Livio Merelli, mentre compiva il proprio dovere nella cura dei malati, ne prendeva nota e trascriveva i risultati delle osservazioni medico scientifiche, lavorando notte e giorno senza risparmiarsi nella ricerca di una cura. Purtroppo nonostante le precauzioni e la profilassi adottata nel curare i malati, con l’arrivo della seconda ondata a fine settembre 1918, il Tenente Livio Merelli fu egli stesso vittima della malattia, le sue condizioni si aggravarono rapidamente nel giro di pochi giorni quando il 12 ottobre 1918 morì a Pisa, all’età di 32 anni. Il dolore ed il cordoglio fra i militi, il personale medico e le infermiere volontarie dell’Ospedale Territoriale C.R.I. a Marina di Pisa fu unanime.


Alle sue esequie venne ricordato dal Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Pisa, Cav. Prof. Giuseppe Gonnella, per le sue impareggiabili doti di Assistente nell’Istituto di Igiene della R. Università.
Il Direttore Comandante, Ten. Colonnello C.R.I. Prof. Antonio Cesaris Demel, il Presidente del Comitato di sezione di Pisa della Croce Rossa Italiana, Prof. Francesco Pardi, l’Ispettrice delle Infermiere Volontarie C.R.I. di Pisa, S.lla Clarice Pierini, la Vice Presidente della Sezione Femminile, Dame delle Croce Rossa, di Pisa, contessa Sofia Franceschi Bicchierai, e la famiglia Bertolini, oltre a curarne le esequie si divisero la quota necessaria e disposero l’iscrizione di Livio Merelli a socio perpetuo della Croce Rossa Italiana, alla memoria.


Il Maggiore medico Prof. Dott. Alberto Marrassini, dopo la vittoria del 4 novembre 1918, pubblicò, in Riforma Medica, giornale internazionale, edizione 1918, assieme al nome del dott. Livio Merelli “alla memoria” come coautore, i risultati raggiunti nella loro ricerca sulla dominante epidemia. Al termine il Maggiore Prof. Marrassini concludeva la pubblicazione scrivendo: “

Con questa pubblicazione si chiude l’attività scientifica e purtroppo la vita del Dott. Livio Merelli. Colpito dalla malattia duramente all’acme della sua diffusione in città, quando dai due studiosi eransi già ottenuti i primi risultati soddisfacenti delle prove sierologiche sopra descritte, il povero giovane ne è rimasto vittima. Non aveva che trentadue anni e dava così liete speranze di sé.”.


Con il Regio Decreto 11 giugno 1922 “Ricompense al merito della salute pubblica”, su proposta del ministro dell’interno, venne conferita al Tenente medico Merelli dott. Livio, la MEDAGLIA D’ARGENTO “alla memoria”. La notizia venne pubblicata sul Bollettino Ufficiale del Ministero della Guerra, delle nomine e promozioni, nell’anno 1923.


Nel tempo il nome di Livio Merelli venne dimenticato, ma non le sue gesta ed il suo altruismo come medico ed uomo di Croce Rossa; nel Comitato C.R.I. di Pisa ed alla generazione cui appartengo, veniva tramandato per tradizione orale che un nostro ufficiale medico, mentre esercitava prestando le cure ai malati, fu vittima egli stesso dell’influenza spagnola. E’ stato quindi un onore ed un privilegio avere potuto recuperare, per questo nostro valoroso ufficiale nella grande guerra, lo spazio dovuto tra le memorie della Croce Rossa Italiana.

 

Livio Merelli ricerche laboratorio O.T.CRI M. di Pisa
Livio Merelli, al centro. Presumibilmente nel gabinetto dell'Istituto d'Igiene dell'Università di Pisa

 

Giuseppe Antonio CACCIATORE
Ricerca Storica C.R.I. Pisa.
giuseppe.cacciatore@cm.cri.it

 

 

 

 

 

 

 Antonio Cesaris Demel
Foto ritratto di ufficiale anonimo in collezione privata attribuito al Maggiore medico Antonio Cesaris-Demel
identificato presso l'Istituto di anatomia patologica 1 dell'università di Pisa e dalla stessa famiglia.
 
 
Verona il 2 agosto del 1866
Pisa il 18 marzo 1938.

Profilo storico della Croce Rossa Italiana: Prof. Dott. Antonio Cesaris-Demel Tenente Colonnello medico CRI.

Nato a Verona il 2 agosto 1866, figlio di Pietro e Maria Borsa, consegui la laurea in Medicina e Chirurgia all’Università di Torino il 5/7/1890, dove in seguito divenne assistente, e poi aiuto, nell’Istituto di Anatomia Patologica diretto dal Prof. Pio Foà.
Nel 1896 ottenne la libera docenza, si sposò con Amalia e nel 1898 nacque il figlio Venceslao.
Nel 1900, dopo aver vinto il concorso, venne nominato professore di anatomia patologica alla R. Università di Cagliari. E’ in questo periodo che Cesaris-Demel e la moglie Amalia diventarono soci della Croce Rossa Italiana, il professore si iscrive, anche, tra i disponibili a prestare servizio della IX Circoscrizione di Roma, oggi IX Centro di Mobilitazione, che all’epoca aveva competenza territoriale sulla Sardegna.
Tra il 1903 ed il 1904 lasciò la R. Università di Cagliari e, per un brevissimo periodo di tempo, si trasferì alla R. Università di Parma, ma subito dopo, per la prematura morte del Prof. Tito Carbone, gli venne assegnata la cattedra di Anatomia patologica della R. Università di Pisa, città nella quale risiedette stabilmente fino alla sua morte, avvenuta il 18 marzo 1938.
Dal suo arrivo a Pisa nel 1904 non vi sono memorie nelle attività della Croce Rossa Italiana se non per la presenza assidua della moglie, Amalia Cesaris-Demel, tra le volontarie attive della sezione femminile, dame della Croce Rossa.


Il 24 maggio 1915, allo scoppio della grande guerra, il professore fu richiamato, con il grado di Maggiore medico CRI, in servizio attivo su ordine del Presidente Generale della C.R.I. e venne designato come: Direttore comandante per l’Ospedale Militare Territoriale della C.R.I. in allestimento a Marina di Pisa nell’immobile, sgombrato, del Ricovero Ospizio Marino a Bocca d’Arno.


Il Professore si rese subito disponibile e cooperò con il collega Prof. Francesco Pardi, all’epoca Presidente ad interim della Croce Rossa Italiana di Pisa, incaricato per l’allestimento, la scelta delle dotazioni, delle attrezzature mediche e della strumentazione diagnostica, organizzando efficientemente quell’Ospedale che alla fine dei lavori risultò, per l’epoca, un centro ad alta specializzazione chirurgica.
L’ospedale entrò in funzione il 28 luglio 1915, gli ufficiali coadiutori del Prof. Cesaris-Demel furono il Capitano medico CRI prof. Guido Ferrarini, da taluni autori erroneamente individuato nella funzione di Direttore, ed il Capitano medico CRI cav. dott. Oreste Baciocchi, entrambi già famosi, che si dimostrarono chirurghi valorosissimi, intelligenti ed alacri. Gli ufficiali medici assistenti furono: il Tenente medico CRI dott. Augusto Basunti, ed i Sottotenenti medici: Vincenzo Sassetti, Dino Bogi, Livio Merelli; per l’amministrazione e logistica il Tenente commissario-contabile CRI rag. Gino Ricci.


Per il suo regolare funzionamento l’Ospedale Militare Territoriale necessitò di non meno di 100 uomini, oltre ad un nutrito gruppo di Infermiere Volontarie, ben oltre 120 elementi che nei tempi di maggiore pressione arrivarono, per lunghi periodi, a curare fino a 220 soldati feriti e malati sgomberati dal fronte. Tutti i militari della C.R.I., militi, graduati e sottufficiali, inquadrati nelle varie categorie ed in forza all’Ospedale a Marina di Pisa ed all’Ospedalino Militare nella tenuta di Migliarino, furono alle dirette dipendenze del Direttore comandante Prof. Antonio Cesaris-Demel.


Oltre alle cure mediche e chirurgiche per i feriti martoriati, offesi nelle carni, operati ed amputati, il Direttore comandante dell’Ospedale aveva a cuore il conforto morale per favorire la guarigione; furono realizzate in quell’Ospedale attività con il supporto delle volontarie della sezione femminile CRI che, numerose, si occuparono della biblioteca e della lettura a chi non poteva o non sapeva leggere, delle attività ricreative, della corrispondenza dei soldati feriti con le famiglie, nell’aiutare i ricoverati bisognosi; tra esse la moglie del professore, la signora Amalia Cesaris-Demel.


Al Direttore comandante dell’Ospedale Territoriale a Marina di Pisa venne assegnato anche l’ “Ospedalino militare” che entrò in attività lo stesso giorno il 28 luglio 1915. Ubicato nella Tenuta di Migliarino a Pisa e voluto dal Duca Antonio Salviati, tale struttura dispose inizialmente di quaranta posti letto, e venne utilizzata come reparto di degenza, per i casi meno gravi, e reparto di convalescenza, trasferendovi da Marina di Pisa quei soldati feriti ormai in via di guarigione.


La ricerca instancabile nelle cure sotto la guida del Prof. Antonio Cesaris-Demel, promosso, nel 1917, al grado di Tenente Colonnello medico: Direttore dell’Ospedale di Marina di Pisa e dell’Ospedalino militare di Migliarino, riporto buoni successi. All’interno dell’Ospedale funzionò efficacemente un laboratorio di ricerca “bacteriologico” ed un laboratorio istologico, affidati al Tenente medico dott. Livio Merelli già valente Assistente nell’Istituto di Igiene della Facoltà di Medicina di Pisa, dove offrirono la loro opera insigni studiosi colleghi dell’Università di Pisa e, quando le ricerche esigevano maggiori approfondimenti, si ricorreva alle migliori strumentazioni dell’epoca messe a disposizione dall’Università stessa. La massima attenzione venne poi prestata in Ospedale all’igiene, alla pulizia della biancheria, alla lavatura ed alla sterilizzazione. Taluni casi curati in quelle tragiche circostanze divennero fonti per studi di medicina e chirurgia dell’Università di Pisa, dove alcune pubblicazioni di questi studi, curati dal Prof. Guido Ferrarini per la chirurgia, e dal Dott. Livio Merelli per l’influenza “spagnola”, sono giunte fino ai nostri giorni.


Quando il Dipartimento per gli affari civili della Missione in Italia della Croce Rossa Americana istituì, nel 1918, il Sotto Distretto di Pisa, l’Ospedale Territoriale fu più volte oggetto di visite da parte di delegazioni statunitensi; tra queste emerse il Capitano “Engineer” Francisco Mauro, dell’U.S. - Red Cross Military Service Corp, Delegato da cui dipendevano le attività ed i progetti realizzati nel Sotto Distretto di Pisa della Croce Rossa Americana. Questi ebbe modo di visitare più volte l’Ospedale Territoriale di Marina di Pisa, sempre accompagnato dal Prof. Pardi e ormai accolto come uno di casa dal Prof. Cesaris-Demel; si vide spesso il Mauro, con foglio e matita, studiare l’organizzazione interna dei locali, in qualità di ingegnere fu interessato alla struttura funzionale e dall’impostazione dei servizi ospedalieri. Di tali visite ed interazioni, scaturite in quel periodo, si rileva che nei due decenni successivi alla grande guerra, anni venti e trenta, diverse Università statunitensi iniziarono ad inviare periodicamente delegazioni di studenti e professori in visita alla facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Pisa.


Nel 1918 al Tenente Colonnello Antonio Cesaris-Demel, insieme al Prof. Francesco Pardi, ed al Maggiore Guido Ferrarini, venne conferita la Medaglia d’argento di benemerenza militare della Croce Rossa.
L’Ospedale militare territoriale di Marina di Pisa e l’Ospedalino militare nella tenuta di Migliarino, conclusa la loro missione, vennero smobilitati nel 1919; il primo fu Migliarino Pisano, ed a primavera dello stesso anno Marina di Pisa, restituendo l’immobile, che oggi non esiste più, al Ricovero Ospizio Marino di Bocca d’Arno.

Il Tenente Colonnello Antonio Cesaris-Demel fu collocato in congedo, ottenendo riconoscimenti e cavalierati, tornò nel pieno della sua attività di docente dell’Università di Pisa lasciandosi alle spalle i quattro faticosi lunghi anni di servizio militare come ufficiale medico nella Grande Guerra.

Ricerca storica Giuseppe Cacciatore

 


 

Sig. Cacciatore,

La ringrazio per la sua gentilezza e per quanto fatto a favore della diffusione del profilo storico, umano e scientifico del prof. Cesaris Demel  a cui mi lega l’onore di dirigere attualmente l’istituto di Anatomia patologica da lui fondato e l’amicizia con alcuni dei suoi discendenti,

inoltro con piacere la sua mail alla prof.ssa Paola D’Ascanio professore di Fisiologia presso il nostro Ateneo e le invio molti cordiali saluti,

Giuseppe Naccarato

 

UNIPI

Prof. Antonio Giuseppe Naccarato
Professore in Anatomia Patologica
Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia Università di Pisa
Direttore di UO Anatomia Patologica 1 Universitaria
Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana
Via Roma 57, 56126 Pisa (IT)
Honorary Professor at School of Science, Engineering and Environment
University of Salford (Manchester, UK)
Office: +39050992984; mobile: +39 3356850234

 

 

 

 

 

 

Il tuo 5x1000 alla Croce Rossa Italiana Comitato di Pisa: Un Piccolo Gesto per un Grande Aiuto

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Durante la Seconda Guerra Mondiale, la Croce Rossa Italiana giocò un ruolo significativo nell'organizzazione e nell'implementazione delle operazioni di soccorso, inclusi gli sforzi di soccorso aereo. In collaborazione con le forze armate italiane, la Croce Rossa utilizzò una varietà di velivoli per fornire assistenza medica, evacuare i feriti e trasportare rifornimenti nei teatri operativi.

I velivoli della Croce Rossa italiana venivano spesso impiegati per evacuare i feriti dai campi di battaglia e trasportarli verso ospedali e strutture mediche più sicure. Questi aerei erano equipaggiati con personale medico specializzato e attrezzature per fornire cure mediche di emergenza durante il volo.

Inoltre, la Croce Rossa Italiana operava anche nel soccorso marittimo, utilizzando aerei per individuare e soccorrere naufraghi o equipaggi di navi affondate. Queste missioni includevano la distribuzione di viveri, acqua e altri beni di prima necessità alle persone in difficoltà in mare.

Complessivamente, la Croce Rossa Italiana svolse un ruolo cruciale nel fornire soccorso umanitario durante la Seconda Guerra Mondiale, lavorando in collaborazione con le forze armate e utilizzando i velivoli disponibili per raggiungere e assistere coloro che ne avevano bisogno, riducendo così il numero di vittime civili e militari.

 

Velivoli Cant Z 506
Foto: Velivoli Cant Z 506
Fonte: gentedelquindicesimo - segrete ali raccolsero
 

Cant Z.506 Airone: Gli Idrovolanti della Doppia Anima tra Guerra e Salvezza
Nel turbine della Seconda Guerra Mondiale, mentre il mondo era diviso tra alleati e avversari, un gruppo di velivoli si distinse per la sua ambivalenza: i Cant Z.506 Airone. Originariamente concepiti come aerei civili per il trasporto e la posta, questi idrovolanti a doppio galleggiante trimotore ad ala bassa, prodotti dalla Italiana Cantieri Riuniti dell'Adriatico, Cantiere Navale Triestino (C.R.D.A. CANT), divennero un'icona dei dilemmi morali e delle sfide umane della guerra.

Dal Cielo della Pace ai Mari del Conflitto
La loro trasformazione da mezzi di comunicazione pacifica a strumenti bellici rappresentò un cambio radicale di prospettiva. Durante il conflitto, i Cant Z.506 servirono in varie capacità: da bombardieri a idrovolanti da ricognizione, ma il loro ruolo più rilevante fu quello di soccorritori in mare.

Dipingendo i loro scafi di bianco e decorandoli con la croce rossa internazionale, questi aerei divennero simboli tangibili di aiuto umanitario. La loro missione principale era recuperare gli equipaggi degli aerei abbattuti in mare, offrendo una speranza di salvezza in un ambiente ostile e implacabile. Tuttavia, nonostante la chiara identificazione come mezzi di soccorso, i Cant Z.506 non furono risparmiati dagli attacchi nemici. La loro vulnerabilità derivava da una comprensione distorta delle loro attività. Le forze nemiche interpretavano spesso erroneamente il loro impiego, vedendo in essi potenziali minacce anziché portatori di aiuto.

Le Unità di Soccorso della Regia Aeronautica
Nell'imminenza dell'ingresso dell'Italia nella Seconda Guerra Mondiale, al fine di dare una prima organizzazione a un servizio di soccorso ai propri equipaggi in caso di abbattimento o caduta in mare, la Regia Aeronautica costituì il 10 giugno 1940 delle unità aeree denominate Reparti "S" (Soccorso, anche se talvolta erano indicati come Sanitari). Queste unità comprendevano:

612^ Squadriglia "S" con 4 Cant Z.506, basata a Stagnoni (Marsala)
613^ Squadriglia "S" con 5 Siai S.66, basata a Elmas (Cagliari)
614^ Squadriglia "S" con 4 Cant Z.506, basata a Bengasi (Libia)
Sezione "S" con 2 Cant Z.506, basata a Torre del Lago (Torre del Lago Puccini - Lago di Massaciuccoli); trasferita il 21 agosto 1940 alla 612^ Squadriglia "S"
Sezione "S" con 2 Cant Z.506, basata a Lero (Dodecaneso); trasferita l'8 luglio 1940 a Rodi
Gli idrovolanti utilizzati provenivano dalla militarizzazione dei velivoli delle linee civili ed erano la versione civile degli stessi idrovolanti che equipaggiavano le Squadriglie della Ricognizione Marittima della Regia Aeronautica. Questi velivoli, completamente disarmati, presentavano una livrea neutra con vistosi emblemi della Croce Rossa sulle ali e sulla fusoliera, per essere riconosciuti come mezzi non bellici, ma destinati al salvataggio degli equipaggi caduti in mare, sia delle proprie forze che di quelle avversarie.

Il Difficile Compito del Soccorso
I Cant Z.506, configurati con attrezzature di pronto soccorso medico e equipaggiamenti per il soccorso in mare (battellini, salvagenti, ecc.), furono denominati Cant Z.506 S. Differivano dalla versione militare Cant Z.506 B per avere una fusoliera più affusolata e l'assenza di armamento difensivo. Tuttavia, a causa delle perdite e della scarsa disponibilità di velivoli nella configurazione "C", si dovette ricorrere alla conversione di alcuni modelli militari Cant Z.506 B nel modello S.

Nel 1943, il servizio di soccorso fu riorganizzato e potenziato. Le Squadriglie e Sezioni "S" furono sciolte e riorganizzate in "Sezioni aeree di Soccorso", incrementate fino a 11 e assegnate all'organico di altrettante Squadriglie della Ricognizione Marittima. La situazione delle "Sezioni Aeree di Soccorso" al 20 maggio 1943 era la seguente:

  1^ Sezione - Tolone nella 171^ Sq. RM
  2^ Sezione - La Spezia nella 187^ Sq. RM
  3^ Sezione - Orbetello nella 144^ Sq. RM
  4^ Sezione - Nisida nella 182^ Sq. RM
  5^ Sezione - Elmas nella 188^ Sq. RM
  6^ Sezione - Ajaccio nella 146^ Sq. RM
  7^ Sezione - Siracusa nella 186^ Sq. RM
  8^ Sezione - Stagnoni nella 197^ Sq. RM
  9^ Sezione - Brindisi nella 141^ Sq. RM
10^ Sezione - Prevesa nella 139^ Sq. RM
11^ Sezione - Lero nella 147^ Sq. RM


La Resilienza della Missione di Soccorso
Con l'armistizio dell'8 settembre 1943, molte delle Squadriglie della Ricognizione Marittima, con le rispettive Sezioni Aeree di Soccorso, vennero sciolte, ma il soccorso continuò a essere prestato dai pochi reparti idrovolanti rimasti attivi, sia nella Regia Aeronautica del Regno del Sud, la cosiddetta Aeronautica Cobelligerante, sia nell'Aeronautica Nazionale Repubblicana della Repubblica Sociale Italiana. Con la costituzione del "Servizio Ricerca e Soccorso dell'Aeronautica Militare" il 14 aprile 1946, gli aeromobili ad esso assegnati adottarono colorazioni e simboli uniformemente utilizzati dai velivoli di soccorso nella comunità internazionale, abbandonando le Croci Rosse come segni distintivi.

Un Simbolo di Speranza nel Caos della Guerra
Nonostante le avversità e i pericoli, i Cant Z.506 perseverarono nella loro missione umanitaria, dimostrando un coraggio straordinario anche nelle condizioni più estreme. La loro vicenda rappresenta un paradosso della guerra, evidenziando la complessità morale e le sfide umane che caratterizzavano il conflitto armato. In un mondo segnato dall'ambiguità e dalla violenza, i Cant Z.506 rimangono un simbolo della difficile linea tra il dovere umanitario e la brutalità della guerra. La loro storia ci ricorda che anche in mezzo al caos e alla confusione, la speranza e il coraggio possono ancora emergere, illuminando il cammino verso la compassione e la solidarietà umana.

 

 

Cant Z 506 B sanitario

Foto: Cant Z 506 B (Bombardamento) modificato come ruolo “S” (Sanitario) utilizzato dai reparti del Soccorso dai primi mesi del 1943; sotto un CZ 506 B della 287ª Sq. RML.
Gli aerei CZ 506 B erano assegnati ai reparti di Bombardamento Marittimo e Ricognizione Marittima, mentre i CZ 506 A (C)/S, la versione civile modificata per il Soccorso, equipaggiavano le unità del Soccorso aereo.
 

 

Cant Z 506 sanitarioCivile

Foto: Cant Z 506 A (C Civile) modificato come ruolo “S” (Sanitario) utilizzato dai reparti del Soccorso dal giugno 1940.
 
  • Dal 10 giugno 1940, con l'inizio delle operazioni belliche, la Regia Aeronautica istituì il Soccorso Aereo. Si formarono squadriglie e sezioni, tra cui la 612ª, la 613ª, e la 614ª Squadriglia, insieme alle Sezioni "Lero" e "Torre del Lago".
  • Il 31 maggio 1943, il "servizio soccorso" della Regia Aeronautica subisce una riorganizzazione fondamentale. Si trasforma in 11 Sezioni aeree di Soccorso, integrate nelle corrispondenti Squadriglie di Ricognizione Marittima. Queste squadriglie, oltre al loro compito originario, assumono anche la responsabilità del soccorso aereo nelle aree marine non accessibili ai mezzi delle Sezioni di Soccorso.
  • Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, il 15 ottobre dello stesso anno, il Raggruppamento Idrovolanti si è costituito all'interno dell'Aeronautica Cobelligerante (la parte della Regia Aeronautica che si era riorganizzata nel cosiddetto Regno del Sud). Questo raggruppamento ha riunito tutti gli idrovolanti CZ 506 B e S, CZ 501 e RS 14 provenienti dai reparti dedicati alla ricognizione marittima e al soccorso, mantenendo la loro capacità operativa in tali specialità.
  • Il 14 aprile 1946, venne istituito il "Servizio Ricerca e Soccorso dell’Aeronautica Militare". Questo servizio operò con i velivoli CZ 506 B e S fino al 1959, quando furono radiati e sostituiti con l'anfibio Grumman HU-16A.
 
Cant Z 506
La foto del Cant Z 506 è stata scattata nel 1943, prima dell'8 settembre, sull'idroscalo di Nisida a Napoli, che ospitava la 182ª Squadriglia RML e la 4ª Sezione Soccorso. Questo aereo, appartenente alla 4ª Sezione Soccorso, è una versione B del Cant Z 506, progettata per il bombardamento e caratterizzata dalla presenza di una grande stiva bombe nella parte inferiore della fusoliera. A partire dal 1943, i reparti del Soccorso aereo della Regia Aeronautica hanno impiegato questa versione B per integrare la limitata disponibilità dei Cant Z 506 A (successivamente convertiti in versione civile C) provenienti dalle compagnie aeree e adattati per le operazioni di soccorso.

Roberto Marchetti

 

Fonte: gentedelquindicesimo - segrete ali raccolsero; Giacomo De Ponti gente del 15°(gd15).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Logo Canneto lineare 

 

La sede della Croce Rossa di Canneto ha una lunga storia di servizio alla comunità che risale al 1921, quando è stata fondata come Pubblica Assistenza, trasformandosi poi in Croce Rossa dopo il dopoguerra. Inizialmente, la sezione femminile era attiva nel supporto alle famiglie bisognose e nell'assistenza alle emergenze. Nel corso degli anni, la struttura ha evoluto, acquisendo la sua prima ambulanza nel 1988 e passando da Comitato a Delegazione fino al 2002.
Sebbene la sezione femminile non sia più attiva e l'attività di emergenza sia cessata, la Croce Rossa di Canneto continua a svolgere un ruolo fondamentale nella comunità, offrendo servizi di dimissioni e assistenza sociale, in collaborazione con l'Unione Montana. Durante il periodo della pandemia da COVID-19, la sede è stata particolarmente attiva nel fornire supporto alle famiglie del territorio.

Nonostante Canneto sia un piccolo paese con pochi abitanti, la Croce Rossa locale ha dimostrato un impegno costante nel servire la comunità.

 

indirizzo:   
telefono: 0565 784381 - 3311577617 
fax: 0565 784382 
email: cricanneto@gmail.com 
pec:  -
pagina web:  www.cripisa.it
social network:     

  

SOL San Giovanni 

 Delegato: Carlo Macchioni

Cell: 3294125784

Email: protezionecivile.cricanneto@gmail.com

 

 Archivio foto Archivio foto 

 


 

 Siluet  

Ruolo: Delegato Sede Territoriale di anneto

Cell: 3343903171


Email: luanaserini@gmail.com

 Serini Luana  
 

 

 

 Delegati 

 

 Referenti di Attività  




work progress

 

Elezioni 2020 1

Domenica 19 maggio

Elezione del Cosiglio Direttivo del Comitato

 

 

Torre in rosso  

 

Documentazione

 

PDF Provvedimento-del-Presidente

 

PDF Regolamento-sulle-elezioni-degli-organi-statutari-della-CRI

 

PDF Candidatura del Presidente e Consiglio

 

PDF Verbale operazioni di voto

 

 

 

 

 

 

Nozzano: Il Cuore Storico della Toscana che Resiste al Tempo

 

Nozzano Foto fondoambiente
Foto: Nozzano Foto tratta da  fondoambiente

 

Sulla riva destra del fiume Serchio, a pochi chilometri dal capoluogo lucchese, si erge il suggestivo borgo di Nozzano, un vero e proprio scrigno di storia e cultura immerso nelle verdi campagne toscane. Composto dalle tre frazioni di Nozzano Castello, Nozzano San Pietro e Nozzano Vecchio, questo antico insediamento racchiude in sé un patrimonio millenario che affascina e incanta visitatori provenienti da ogni parte del mondo.

Le Origini e la Forza della Fortezza

Le origini di Nozzano risalgono al lontano IX secolo, quando i Lucchesi eressero una fortezza per difendere il territorio dalle incursioni pisane. Ancora oggi, il maestoso borgo fortificato di Nozzano Castello domina l'orizzonte, testimone di epoche passate e di battaglie che hanno plasmato la storia della regione. La leggenda vuole che la contessa Matilde di Canossa abbia avuto un ruolo nella sua costruzione, aggiungendo un tocco di fascino e mistero al luogo.

Tra Storia e Tragedie: Nozzano nel Corso dei Secoli

Nozzano ha attraversato momenti cruciali della storia toscana, accogliendo i Guelfi fuggiti dalle città toscane dopo la battaglia di Monteaperti nel 1260 e resistendo agli attacchi delle truppe pisane nel corso dei secoli. Tuttavia, il borgo non è stato immune dalle tragedie della guerra: durante la Seconda Guerra Mondiale, fu teatro di orrori quando le SS trasformarono la scuola locale in un carcere, da cui furono prelevati e brutalmente fucilati numerosi detenuti, principalmente partigiani e civili.

Il Ricco Patrimonio Artistico e Culturale

Oltre alla sua importanza strategica, Nozzano vanta un ricco patrimonio artistico e architettonico. Tra le sue principali attrazioni spiccano la Chiesa di San Giuseppe, la Chiesa di San Pietro e la suggestiva Cappella di Nozzano Vecchio, insieme a monumenti come il Monumento ai Caduti e il memoriale della tragedia del 1944, che testimoniano il passato glorioso e la resilienza della comunità.

Eventi e Tradizioni: Nozzano Vive la Sua Storia

Nozzano continua a mantenere viva la sua storia e le sue tradizioni attraverso eventi come "Il Castello Rivive", una rievocazione medievale che trasforma le stradine del borgo in un vero e proprio viaggio nel tempo, con mercatini, osterie e rappresentazioni di mestieri antichi. Un'occasione unica per immergersi nell'atmosfera suggestiva di un'epoca passata e scoprire le radici profonde di questo incantevole luogo.

Un Gioiello Nascosto da Scoprire

Nozzano è molto più di un semplice borgo storico: è un tesoro della Toscana che continua a resistere al tempo, conservando intatto il suo fascino e la sua autenticità. Ogni pietra, ogni via, ogni racconto custodisce un frammento prezioso di storia, pronto ad essere scoperto da chiunque abbia voglia di immergersi nell'essenza più autentica della regione.

Roberto Marchetti

Fonte wikipedia

 

Ricerca: storica Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

 

Livia Gereschi, le donne della Resistenza e il tragico rastrellamento de La Romagna dell'agosto del 1944. Sarà su questi argomenti lo spettacolo prodotto da Molina mon amour in programma sabato 13 aprile 2024, alle 21, al Magazzino di Antonio (piazza Martiri della Romagna 26, Molina di Quosa), dal titolo 'Dedicato a Livia (e alle altre)'.

 

13 aprile 2024 Livia Gereschi e il tragico rastrellamento de La Romagna

 

Un reading tra storia, memoria e poesia nato da un progetto di Fedora Durante, che condividerà il palco con l'attrice Chiara Pistoia e con le lettrici ad alta voce di Molina mon amour: Anna Calloni, Giovanna Colombini, Patrizia Palla e Giovanna Roventini. Spazio anche a un omaggio al professor Alessandro Marianelli, con la proiezione di un suo video su Livia Gereschi, realizzato con una classe, che ha ricevuto numerosi riconoscimenti. La proiezione di immagini, video e documenti sarà a cura di Simone Panattoni. Ricerca dei documenti e cura dei testi di Fedora Durante.

“Ci è sembrato un dovere morale ricordare Livia Gereschi e quello che successe a La Romagna sul monte di Molina di Quosa durante il rastrellamento tedesco dell’agosto 1944, anche per coltivare la memoria a beneficio delle giovani generazioni – commenta Fedora Durante –. Questa figura di giovane donna, coraggiosa, che salvò donne e bambini e si fece avanti per fare da interprete con i tedeschi per tentare di salvare gli uomini rastrellati, pagò con la propria vita questo gesto che merita un ricordo che vada al di là della mera commemorazione. Stesso discorso per le donne della Resistenza, spesso poco conosciute e menzionate. Il racconto che presentiamo è pensato come un incontro, un incrocio di storie, memorie e poesia, supportato anche da documenti storici. Una trama fitta di fatti, storie e persone che trovano in Molina di Quosa il luogo più adatto per manifestarsi di fronte al pubblico. Ci sarà anche un omaggio e un ricordo di Alessandro Marianelli, studioso, ricercatore e professore, molto conosciuto nel nostro territorio e prematuramente scomparso qualche anno fa: sarà l’occasione per rivedere il suo video su Livia Gereschi, un lavoro realizzato con una sua classe che ha ottenuto numerosi riconoscimenti”.

Chiara Pistoia, biografia
Attrice, formatrice teatrale nell’ambito del teatro di impegno civile e del teatro educazione. Collabora dal 1998 con la Fondazione Sipario Toscana e dal 2012 come attrice stabile nella compagnia Animali Celesti Teatro d’arte Civile diretta da Alessandro Garzella. È fondatrice dell’associazione di promozione sociale Geometria delle Nuvole - Arte Teatro Educazione di Cecina e gestisce i cantieri di formazione teatrale comunale del Teatro De Filippo di Cecina.

L'iniziativa si svolge con il patrocinio di: Comune di San Giuliano Terme, Anpi di San Giuliano Terme, Biblioteca Franco Serantini, Casa della Donna di Pisa e Croce Rossa Italiana comitato di Pisa.

Evento riservato ai soci, prenotazione obbligatoria (379 1913131, solo WhatsApp). Ingresso a offerta libera con tessera inclusa.
Fonte: pisatoday

 

 

 

 

 

Cippo La Sassaia
Foto: Roberto Marchetti

 

Nel cuore della Toscana, nel comune di Massarosa, si erge un monumento modesto ma carico di significato: il piccolo monumento ai martiri della "Sassaia". Questo luogo della memoria ricorda uno degli eventi più tragici della Seconda Guerra Mondiale nella regione, un massacro che ha lasciato un'impronta indelebile nella storia locale.

Situata a soli 5,79 chilometri dal centro di Massarosa, la frazione di Sassaia è diventata tristemente famosa per essere stata il teatro di uno dei più gravi massacri avvenuti durante il conflitto mondiale. Con 38 innocenti vite spezzate, questo episodio rimane uno dei momenti più bui non solo per Massarosa, ma per l'intera regione della Versilia.

L'orrore si consumò nella notte tra il 6 e il 7 agosto 1944, quando una vasta operazione di rastrellamento condotta sul monte Pisano portò alla cattura di numerosi civili, tra cui 31 persone che furono condotte a Sassaia. Qui, senza pietà, furono allineati contro il pendio della collina e freddati a colpi di mitra. Poco dopo, giunsero altri otto civili italiani, provenienti dal campo di concentramento di Socciglia, nei pressi di Borgo a Mozzano. Ignorando i loro lasciapassare, i militari tedeschi ordinarono la loro esecuzione, forse per eliminare testimoni scomodi del massacro appena compiuto.

Tra gli otto, solo Edilio Dazzi riuscì a sfuggire alla morte, miracolosamente illeso e nascosto tra i corpi dei suoi compagni. Questo episodio, perpetrato con una violenza inaudita, fu molto probabilmente opera dei membri della Feldgendarmerie, la polizia militare, della 16ª Divisione, forse coadiuvati da soldati del 3° Battaglione del 36° Reggimento della stessa divisione, stanziati nella zona in quel periodo.

Il monumento ai martiri della "Sassaia" rimane oggi un toccante tributo alle vittime di quel tragico evento, un monito contro l'orrore della guerra e un richiamo alla necessità di preservare la memoria di coloro che hanno sacrificato le loro vite per la libertà e la giustizia.

Roberto Marchetti

 

Fonte: isreclucca

 

Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

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