Croce Rossa Italiana - Comitato di Pisa
 
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Antonio Cerrai (Cri Pisa): «Ora non ci sono spazi ma la rete è attivata»

Sara Venchiarutti 26 agosto 2021

Pisa. Di definito e ufficiale ancora non c’è nulla. Per il possibile arrivo di alcuni profughi afghani anche a Pisa e provincia, ad oggi la fase è quella di un’indagine preliminare sulla disponibilità di spazi e “risorse” nel territorio.

 

Non manca però la sensibilità all’accoglienza, manifestata anche nei giorni scorsi da parte di enti, associazioni e diverse forze politiche dell’area pisana, mentre i primi arrivi sono già avvenuti in diverse regioni d’Italia. A fare un punto iniziale sulla situazione è Antonio Cerrai, presidente del comitato di Pisa della Croce Rossa Italiana: «Siamo stati contattati in via preliminare dalla prefettura e dalla nostra sede regionale per sapere se avessimo alloggi e immobili disponibili per l’accoglienza delle famiglie coinvolte», spiega.

«Abbiamo sulle spalle una buona parte di accoglienza straordinaria e molte persone si trovano ancora nelle nostre strutture. Quindi, per quanto ci riguarda, in questo momento tutti gli spazi che abbiamo sono occupati e quelli che potevano essere utilizzati non rientrano più nelle nostre disponibilità, perché li abbiamo restituiti al demanio nel momento in cui non ci servivano. Quando ci comunicheranno cosa dobbiamo fare metteremo in campo tutte le risorse possibili. Ad esempio, saremmo in grado di fare un servizio di gestione di altre strutture».

E intanto la rete della solidarietà è già stata lanciata.

«Ci sono alcune organizzazioni laiche e cattoliche», prosegue Cerrai, «che per esempio sarebbero disponibili a organizzare la scuola dei bambini o altre attività, come satellite dell’accoglienza primaria. È un’apertura di massima in questo senso, ancora non c’è nulla di concreto», sottolinea.

«In ogni caso c’è la sensibilità verso chi viene strappato dalla propria terra per salvaguardarsi la vita, che dovrà poter accedere a tutti i servizi necessari. Una cabina di regia è tenuta dalla Regione Toscana per capire le disponibilità e far sì che l’accoglienza sia diffusa, e non concentrata in un unico punto. Al contempo la risposta deve essere compatibile alla vivibilità di una famiglia. Si tratta infatti di un percorso di salvataggio e protezione di nuclei familiari che hanno sostenuto le nostre organizzazioni in Afghanistan».

Fonte: Il Tirreno

 

26 agosto Ora non ci sono spazi ma la rete è attivata Porto di Livorno