Croce Rossa Italiana - Comitato di Pisa
 
nastro tricolore
 

Diario di una tirocinante TS

Tirocinante 1In Croce Rossa da poco, dopo aver svolto alcuni servizi nell’ambito sociale, mi sono convinta che era giunto il momento di affrontare il corso TSSA (Trasporto Sanitario – Soccorso in Ambulanza), nonostante l’età, gli acciacchi e la fatica delle lezioni serali e frequenti. Mi sono così affacciata sulla parte “sanitaria” di CRI, quella parte maggiormente conosciuta ai più ma che in realtà rappresenta solo una delle sue innumerevoli attività. Da persona comune prima e da volontaria di CRI poi, ho sempre guardato a “quelli dell’ambulanza che vengono a salvarti”, unico servizio che conoscevo, come delle persone ultra/oltre cioè persone preparate, attive, determinate e con un gran cuore. E poi ho scoperto che......

Il mio primo giorno di tirocinio è stato...particolare! Salgo sull’ambulanza che intanto non è “un’ambulanza” ma una macchina attrezzata in un modo da poter trasportare in sicurezza persone tra un ospedale e l’altro o all’interno dei diversi reparti. Subito mi sento piccola piccola: avverto le ragazze del mio turno che sono una neofita, che non so nulla e che probabilmente sarò di peso etc etc. Nessun problema, in un attimo vengo trattata come “una di loro” e mi spiegano, mi coinvolgono, si preoccupano che tutto vada bene, mi istruiscono....con la semplicità e la chiarezza di chi crede nel proprio lavoro. Finisce il turno e torno a casa, frastornata da tante novità ma contenta dell’esperienza fatta e mi compiaccio di aver avuto la fortuna di aver trovato un turno simpatico. Dopo una settimana ecco due nuovi turni, accanto ad altre persone, altrettanto professionali, disponibili, attente, sorridenti ma decise e sicure del proprio ruolo e dei propri doveri. Questa volta condivido l’esperienza anche con due ex migranti, giovani, forti, instancabili anche se siamo in Ramadan.

Mi ritrovo a fare brevissime soste “al Paradiso”, punto di raccolta dei volontari all’interno dell’ospedale. Ci sono divise di varie associazioni e il clima è strano: un minuto prima si scherza, si salutano vecchi compagni di lavoro, si chiacchiera del più e del meno, si scambiano ricette di cucina piuttosto che confidenze personali e un minuto dopo si parte velocemente per un servizio con concentrazione e serietà. Il tempo scorre, senza sosta, come senza sosta sono i servizi effettuati. Passi pochi minuti del tuo tempo con persone sconosciute: giovani, anziani, persone comuni e non, ma è un breve tempo di qualità. In un attimo ti raccontano chi sono, le loro difficoltà, della vita di tutti giorni che in quel momento è stata interrotta o è purtroppo diventata quella la normalità perché malate da tempo, di mariti che “chissà se se la caveranno da soli a casa..” o di figlie “che lavorano tanto” e di generi “cosi bravi” o di “nipoti birichini ma svegli”. Oppure persone che stanno in silenzio ma parlano con gli occhi e tu non sai se hanno bisogno che tu li rassicuri o se stanno bene nella loro piccolissima intimità che, in una situazione del genere, può solo esistere, appunto, nel silenzio. Si riaprono i portelloni, si scende e si va in reparto: affidi quell’attimo che hai appena vissuto al personale ospedaliero, trasli a loro quella vita che hai appena intravisto.

Già... gli infermieri, i medici e tutto il personale. Alcuni stanchi, altri attivissimi e pronti ad aiutare chi in quel momento è altamente vulnerabile e si affida, ancora una volta, ad altri volti sconosciuti.

Più tardi sale una signora che si tiene il petto, va in Cardiologia. Penso: “Cardiologia e si tiene il petto!?”. Sento nelle orecchie i nostri istruttori che a lezione sottolineano l’attenzione costante che devi avere verso il paziente, il saper cogliere quegli elementi importanti per un eventuale soccorso...ti suonano in testa parole come parametri vitali, battito cardiaco (quanti devono essere? Persona giovane? Anziana?) La pelle: asciutta, sudata? Cos’è che dovevo guardare? Respira? E’ cosciente? ...”Signora, tutto bene?” “Si certo, ho solo caldo, oggi c’è un bel sole”....Menomale! Sorrido, pensando che mi sono fatta prendere la mano ....no, non è vero, ho solo capito quanto sia importante il corso che sto facendo....però ....menomale lo stesso e stasera un ripassino all’apparato cardiocircolatorio male non ci sta.

All’interno degli ospedali c’è un mondo fatto di strade nascoste, di percorsi riservati, di piani seminterrati, di tecnici, di sale operatorie e sale d’aspetto, di odori di mensa, di disinfettante... E tu passi in mezzo a tutto questo, con la tua divisa e la gente ti guarda, ti osserva, ti chiede indicazioni (che frustrazione quando non sai rispondere).

E cominci a capire.

Torni al paradiso, due parole e, a pochi metri, una persona inciampa davanti all’entrata, un’altra arriva portando tra le braccia, con fatica, un bambino. Il tempo di capire cosa sta succedendo e qualcuno di noi è già accanto alla persona caduta , un altro che stava raccontando le sue traversie con gli idraulici ha già preso in braccio il bambino e lo sta portando dentro il Pronto Soccorso.

Non è tutto così splendido ed emozionante: le problematiche ci sono, le criticità persistono. Le difficoltà, i momenti di stanchezza non risparmiano nessuno, è naturale che ci siano anche quelli, altrimenti starei raccontando una fiaba invece che spaccati di una realtà sconosciuta ai più.

Fine turno. Ci si ritrova in una stanza dove batte una parte del cuore organizzativo di questo mondo: fotocopie, fogli di missione, firme, metti in carica il telefono di servizio, riscontra i trasferimenti effettuati, saluta, scherza, quella che scappa per preparare cena, l’altro che ha appuntamento con gli amici per una serata in allegria... Torno a casa distrutta, rimandando a più tardi le riflessioni su quanto visto. Ahimè la stanchezza vince e mi addormento sul divano: il ripasso dell’apparato cardiocircolatorio dovrà aspettare come la riflessione su tutto ciò che ho visto. Mentre mi si chiudono gli occhi riesco a domandarmi solo una cosa: cosa succederà quando affronterò il tirocinio SA?

Alessandra Venturi