Non si hanno notizie certe che si tratti proprio di questo ex Convento in quanto ci sono altri ex conventi con lo stesso nominativo.
Nota del curatore del testo
 

Era una storia pressoché dimenticata.

Il 24 febbraio 1919 il capo missione della CR ungherese in Svizzera, Ernst Ludwig, dopo che una richiesta del 12 gennaio precedente era rimasta inascoltata, inoltrava al Cicr. una lettera nella quale esprimeva tutta la sua preoccupazione per una serie di reclami che aveva ricevuto dalla CR di Budapest sulla situazione dei prigionieri ungheresi in Italia. Prima di tutto i rilievi riguardavano il ritardo del rimpatrio dei prigionieri invalidi che avveniva 3-4 mesi dopo gli esami medici. In Italia ermo stati organizzati due campi di concentramento per Invalidi, uno a Calci (Pisa) e l'altro a Como. A Calci i prigionieri vivevano in condizioni primitive senza il bagno e nelle baracche il riscaldamento era del tutto insufficiente. Gli invalidi erano costretti a trascorrere molto tempo all'aria aperta così che, sosteneva la denuncia, le loro gambe e mani gelate dovevano essere amputati.

La Certosa ha svolto un ruolo importante durante la prima guerra mondiale. Da gennaio a marzo 1915 fu caserma del 32 ° Reggimento Artiglieria dell'Esercito Italiano, prima di diventare ospedale per soldati italiani dall'ottobre 1915 a dicembre 1916. Tra gennaio 1917 e dicembre 1919 fu trasformato in ospedale di transito per austro-ungarici Prigionieri di guerra, sottoposti a visita e spesso mesi di osservazione per distinguere i feriti e gli ammalati in buona fede da quelli autoinflitti, in vista del loro scambio con le controparti italiane. Accanto a questa funzione, nel 1918 la Certosa accolse alcuni profughi italiani da quelle parti del Paese che erano state sotto l'occupazione nemica. Fu solo nel 1920 che fu finalmente riportato alla sua funzione originaria.

Furono necessari numerosi rimaneggiamenti per trasformare la Certosa in prima caserma, poi ospedale militare e successivamente ospedale sicuro per i prigionieri di guerra nemici. Quest'ultimo prevedeva la costruzione di una garitta all'ingresso e l'erezione di muri e sbarre per impedire la fuga dei detenuti e l'ingresso in alcune aree di importanza artistica o storica. Gli ufficiali austro-ungarici erano alloggiati in stanze in varie parti del complesso, ma i prigionieri di grado inferiore molto probabilmente occupavano e ricevevano cure mediche negli edifici dell'ex granaio, magazzini e stalle che si estendono per oltre 4.000 metri quadrati. I prigionieri affetti da malattie infettive, che originariamente occupavano un certo numero di stanze di isolamento all'interno del monastero, furono trasferiti nel 1918 in tende nel parco contro il muro di fondo del complesso, ben lontano dagli edifici principali, probabilmente in risposta alle pressioni locali.

Dopo l'Armistizio, l'afflusso del numero degli infermi divenne ingente tanto che "con il passare dei mesi gli arrivi dei prigionieri aumentarono al punto che nel febbraio 1919 ne risultano 1.000, molti dei quali sistemati alla meglio per terra sulla paglia". 

La Certosa di San Giovanni Evangelista in Calci, comunemente nota come Certosa di Pisa o Certosa di Calci, è un complesso monastico, situato alle pendici del Monte Pisano, nel comune di Calci (Pisa), che ospitò un monastero certosino, attualmente sede del Museo Nazionale della Certosa Monumentale di Calci e del Museo di Storia Naturale dell'Università di Pisa (ala occidentale). 

 

Stalla magazzini granai alloggi dei soldati

Stalle, magazzini e granai adibiti ad alloggi dei soldati 

 

 malati certosa 1

Soldati nel chiostro grande

 

malati certosa 2

malati certosa

Soldati italiani nel cortile d'onore 

 

Carriages

 32°Reggimento artiglieria 

 

Fonte: 
josefkolbe-prisoner-of-war-calci (traduzione Roberto Marchetti)
Nessuno è rimasto ozioso: La prigionia in Italia durante la Grande Guerra Di Sonia Residori edizioni Franco Angeli
La Certosa di Calci nella Grande Guerra. Riuso e tutela tra Pisa e l' Italia, a c. di Gioli A., Edifir Edizioni Firenze 2015, p.72 
 
Foto: josefkolbe-prisoner-of-war-calci (traduzione Roberto Marchetti)
 
Ricerca storica: Roberto Marchetti