Croce Rossa Italiana - Comitato di Pisa
 
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 Raffaele Soru
Foto: Raffaele Soru
Fonte: wikipedia

 

Raffaele Soru: Il Sacrificio di un Eroe Italiano nella Crisi del Congo

Raffaele Soru, nato il 29 ottobre 1921 a Siapiccia, nella provincia di Oristano, è stato un militare e infermiere italiano che ha sacrificato la sua vita mentre serviva nella missione di pace dell'ONU durante la crisi del Congo. Il suo coraggio e il suo altruismo sono stati riconosciuti con la prestigiosa Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Arruolatosi come caporale infermiere nel Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, Soru si distinse per il suo impegno e la sua dedizione nel fornire cure mediche essenziali nella tumultuosa regione del Congo. Prestò servizio presso l'Ospedale da Campo n. 010 in due periodi distinti: dal 19 novembre 1960 al 24 giugno 1961 e successivamente dal 16 luglio al 17 settembre 1961.

Durante il suo secondo turno di missione a Albertville, nella provincia secessionista del Katanga, il 17 settembre 1961, Soru e un gruppo di militari italiani furono attaccati con armi da fuoco. Nel corso dell'attacco, Soru fu gravemente ferito all'addome. Nonostante le cure tempestive ricevute, il suo stato rimase critico e, pur lottando con coraggio, si spense il 25 settembre successivo.

Il suo sacrificio e il suo eroismo non sono stati dimenticati. Papa Giovanni Paolo II ha commemorato Soru insieme ai caduti di Kindu, lodandoli come eroi italiani da emulare e ricordare. Il 9 novembre 1994, il Presidente della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro ha conferito postumo a Soru la Medaglia d'oro al valor militare, riconoscendo il suo straordinario contributo e sacrificio per la pace.

La memoria di Raffaele Soru è stata onorata anche nella sua città natale. Una via a Siapiccia porta il suo nome, inaugurata con la presenza della sua vedova, la signora Concetta La Mantia, nel 2006. Questo gesto testimonia il rispetto e la gratitudine della comunità locale per il suo servizio e il suo sacrificio in nome della pace e dell'umanità.

Raffaele Soru rimane un simbolo di dedizione, coraggio e sacrificio, e la sua storia continua a ispirare e a illuminare il cammino di coloro che si impegnano per la pace e il bene comune, sia in Italia che nel mondo.

Roberto Marchetti

 

 

Onoreficenze

Valor militare oro

Medaglia d'oro al valor militare
«Caporale del Corpo militare della Croce Rossa Italiana appartenente al personale di assistenza dell’Ospedale da campo n. 010 dislocato nell’ex Congo, nella zona di Alberthville e operante, al seguito delle Forze dell’ONU, a favore del personale delle Nazioni Unite e delle popolazioni locali, prestava la propria opera con fervido impegno, grande professionalità, instancabile solerzia ed elevato spirito di fratellanza, nel rispetto dei valori morali vissuti con sicura fede e salda determinazione. Nel corso di un proditorio attacco armato sferrato da forze ribelli, consapevole dei pericoli cui andava incontro nell’adempimento della propria missione umanitaria ma fiducioso nel simbolo della Croce Rossa Italiana e nei suoi principi, volontariamente accettati, immolava la vita a seguito delle ferite riportate durante l’aggressione. Fulgido esempio di assoluta dedizione, generoso altruismo e umana solidarietà sino all’estremo sacrificio.»
— Alberthville, 25 settembre 1961
— Roma, 7 dicembre 1994

 

Medaglia dargento al merito CRI

Medaglia d'argento al merito della Croce Rossa Italiana

 

Fonte: wikipedia

 

Ricerca storica: roberto Marchetti

 

 

 

 

 

Il Terremoto del 1979 nella Valnerina: Una Storia di Devastazione e Resilienza

 

Terremoto Valnerina 79

 

La Valnerina, una regione incantevole situata al confine tra Umbria, Lazio e Marche, è stata teatro di eventi sismici catastrofici nel corso dei secoli. Tra questi, il terremoto del 4 dicembre 1328 e il Grande Terremoto del 1703 rimangono incisi nella memoria storica per la loro devastazione e il tragico bilancio di vite perdute.

Tuttavia, il 19 settembre 1979, un altro terremoto scosse profondamente questa regione, portando con sé distruzione e dolore. Con epicentro nei pressi di Maltignano di Cascia, il sisma, con una magnitudo momento di 5.8, causò un'intensità stimata tra l'VIII e il IX grado della scala Mercalli, colpendo duramente i piccoli borghi montani come Castel Santa Maria, Chiavano, Civita di Cascia, San Marco di Norcia e Trimezzo di Cittareale.

La Valnerina subì l'ira della natura, con cinque vite spezzate, centinaia di feriti e migliaia di sfollati. Norcia, la città più colpita, vide crollare molte delle sue abitazioni e delle sue mura urbane. La basilica di San Benedetto e il palazzo Vescovile rimasero gravemente lesionati, mentre altre chiese e edifici storici subirono danni irreparabili.

Fuori dalla città, il santuario della Madonna della Neve venne completamente distrutto, mentre molte altre chiese patirono crolli parziali. I danni si estesero anche al Lazio, con territori come Cittareale e Leonessa gravemente colpiti, e ad altre regioni circostanti come Abruzzo e Marche.

L'impatto del terremoto non si limitò solo al piano materiale, ma si fece sentire anche a livello emotivo e psicologico. In tutta l'Italia centrale, dalle strade di Firenze alla vivace Roma, il terremoto causò panico e terrore.

Tuttavia, in mezzo alla tragedia, emerse anche la forza e la resilienza della comunità. Gli sforzi di soccorso e di ricostruzione furono immediati e solidali. Studi macroseismici condotti successivamente dal professor Paolo Favali hanno fornito una comprensione più approfondita degli effetti del terremoto e hanno contribuito a guidare gli sforzi di ricostruzione.

L'episodio curioso degli elefanti del circo Orfei a Perugia, che avevano mostrato segni d'inquietudine prima del terremoto e che, alla scossa, si erano liberati e fuggiti in città, rimane un ricordo bizzarro di quell'evento.

Il terremoto del 1979 nella Valnerina rimane un capitolo doloroso nella storia di questa regione, ma anche una testimonianza della resilienza umana di fronte alle avversità naturali

Roberto Marchetti

 

Fonte: blueplanetheart

 

Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

 

La Lunga Ombra della Guerra nel Congo: Dai Conflitti Interetnici ai Conflitti Statali

Tra il 1996 e il 2003, il Congo è stato travolto da una violenta guerra civile interetnica che si è rapidamente trasformata in un conflitto tra stati combattuto sul territorio congolese e oltre i suoi confini. La scintilla iniziale fu la guerra etnica in Ruanda, dove le milizie hutu, in fuga dal nuovo governo tutsi a Kigali, trovarono rifugio nei campi profughi nello Zaire orientale.

Nel 1996, le truppe ruandesi entrarono nello Zaire, dando inizio alla cosiddetta prima guerra del Congo. Supportate dalle milizie dell'Alliance des forces démocratiques pour la libération du Congo-Zaire (AFDL), guidata da Laurent-Désiré Kabila, esse miravano a rovesciare il regime di Mobutu. Con il supporto anche dell'Uganda, l'AFDL avanzò rapidamente e nel 1997 Mobutu fu costretto all'esilio.

Una volta al potere, Kabila tentò di liberarsi dei suoi sostenitori stranieri, ma ciò scatenò la seconda guerra del Congo. Le truppe ruandesi e ugandesi, insoddisfatte del nuovo governo, si unirono a nuovi rinforzi per installare un nuovo governo a Kinshasa, appoggiando rispettivamente il Rassemblement Congolais pour la Démocratie (RCD) e il Mouvement pour la Libération du Congo (MLC). Angola, Zimbabwe e Namibia intervennero a sostegno di Kabila.

Nonostante un cessate il fuoco nel 1999 e la presenza della Mission de l'Organisation des Nations Unies en République démocratique du Congo (MONUC), le truppe straniere rimasero nel paese. Gli Accordi di pace di Sun City nel 2003 portarono alla formazione di un governo di transizione guidato da Joseph Kabila, ma Ruanda e Uganda continuarono le loro attività belliche oltre i confini.

Sebbene ufficialmente le truppe straniere si ritirarono dal Congo tra il 2002 e il 2003, il conflitto ha lasciato una lunga ombra sul paese, con implicazioni che vanno oltre i suoi confini. La ricerca di stabilità e pace continua a essere una sfida per il Congo e per la regione nel suo complesso. 

Roberto Marchetti

 

Fonte: Treccani

 

 

 

 

 

Viscount 700 G AMAV NZ Air Race
Foto: Vickers Viscount
Fonte: wikipedia

 

Il Vickers Viscount è stato un aereo di linea rivoluzionario che ha contribuito in modo significativo allo sviluppo dell'aviazione commerciale postbellica. Introdotta negli anni '40, la sua caratteristica distintiva era l'uso di motori turboelica Rolls-Royce Dart, che combinavano l'efficienza dei motori a getto con la familiarità e l'affidabilità dei motori a pistoni.

Il Viscount è emerso da un periodo di ricerca e sviluppo avviato dal Brabazon Committee nel Regno Unito, che mirava a modernizzare e rinvigorire l'industria aeronautica britannica. La Vickers-Armstrongs vinse il contratto per il progetto del Viscount, che doveva rispondere alla specifica IIB del comitato. Il primo prototipo, noto come Type 630, volò nel luglio 1948, presentando una configurazione da 24 passeggeri alimentata da quattro motori Dart.

Nonostante le sue innovazioni, il Viscount ha inizialmente lottato per ottenere l'approvazione delle compagnie aeree, principalmente a causa delle sue dimensioni relativamente ridotte e della capacità limitata di trasporto passeggeri. Tuttavia, con l'introduzione di versioni potenziate dei motori Dart, come il Dart Mk. 506, il Viscount è stato in grado di offrire una capacità di trasporto aumentata e una maggiore efficienza.

Il successo del Viscount si è esteso oltre i confini del Regno Unito, con ordini provenienti da compagnie aeree in Canada e negli Stati Uniti. Ogni compagnia ha spesso richiesto modifiche personalizzate alla cellula di base, e la Vickers ha risposto con una varietà di versioni, numerate in base alle modifiche apportate.

Con l'evoluzione tecnologica, il Viscount è stato sottoposto a continuo aggiornamento. La versione Type 800, ad esempio, presentava una fusoliera allungata e una capacità di trasporto fino a 71 passeggeri, alimentata da motori Dart Mk. 510. Versioni successive, come il Type 810 e il Type 840, hanno beneficiato di ulteriori miglioramenti dei motori, portando a una maggiore potenza e prestazioni.

Il Viscount ha alla fine ceduto il passo al suo successore diretto, il Vickers Vanguard, che ha continuato a portare avanti l'eredità di innovazione e successo del suo predecessore nel settore dell'aviazione commerciale.

Roberto Marchetti

 

Fonte: wikipedia

 

 

Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

 

 

Il Terremoto del Belìce del 1968: Una Ferita Ancora Aperta nella Storia della Sicilia

 

Terremoto giornale di sicilia prima pagina

 

La notte tra il 14 e il 15 gennaio del 1968 rimarrà impressa nella memoria collettiva della Sicilia per sempre. Fu in quella tragica occasione che un violento terremoto, con una magnitudo di 6,4, sconvolse una vasta area della Sicilia occidentale, precisamente la Valle del Belìce, comprendente le province di Trapani, Agrigento e Palermo.

Le prime scosse, avvertite alle 13:28 del 14 gennaio, segnarono l'inizio di un'esperienza terribile per gli abitanti di quei luoghi. Seguirono altre scosse, alcune delle quali ancor più devastanti, che fecero crollare case, chiese e infrastrutture, seminando panico e distruzione. L'epicentro del terremoto si trovava tra Gibellina, Poggioreale, Salaparuta e Montevago, ma le sue conseguenze si fecero sentire fino a Palermo.

In totale, furono contate oltre 300 vittime, circa 1.000 feriti e 100.000 sfollati. Tra le città colpite, Gibellina, Poggioreale, Salaparuta e Montevago furono completamente rase al suolo, mentre altre come Santa Margherita di Belice, Santa Ninfa, Partanna e Salemi subirono danni gravissimi, con percentuali altissime di edifici distrutti o danneggiati.

Le prime operazioni di soccorso furono ostacolate dalla devastazione delle strade, rendendo difficile raggiungere i centri colpiti. Anche tra i soccorritori si contarono vittime, tra cui agenti di polizia e vigili del fuoco.

 

I soccorsi verso la Valle del Belice 1968
Foto: I soccorsi verso la Valle del Belice, 1968
Fonte: isaacantisismica

 

Le conseguenze del terremoto non si limitarono alla perdita di vite umane e alla distruzione materiale, ma si protrassero per anni, segnando profondamente la vita degli abitanti della Valle del Belìce. Migliaia di persone rimasero senza tetto, costrette a vivere in tendopoli e baraccopoli per anni, in condizioni di estrema precarietà.

La ricostruzione, sebbene avviata con impegno, si rivelò lenta e complessa. Le carenze strutturali e logistiche del Paese resero difficile la gestione dell'emergenza e dei lavori di ricostruzione. Solo dopo decenni, la Valle del Belìce cominciò a risollevarsi lentamente, con la ricostruzione di nuove abitazioni e infrastrutture.

Tuttavia, il volto della regione cambiò profondamente. Gli antichi paesi della Valle del Belìce furono in gran parte ricostruiti in luoghi diversi, lontani dalle zone colpite dal terremoto. Questa ricostruzione portò con sé una trasformazione urbanistica e sociale, che ha modificato per sempre il paesaggio della Sicilia occidentale.

Il terremoto del Belìce del 1968 rimane una ferita ancora aperta nella storia della Sicilia, un evento che ha segnato profondamente la vita e la memoria di intere generazioni. Se da un lato ha evidenziato le fragilità del Paese di fronte alle emergenze, dall'altro ha mostrato la forza e la resilienza del popolo siciliano di fronte alle avversità più grandi.

Roberto Marchetti

 

Fonte: isaacantisismica

 

Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

Molina di Quosa è un affascinante paese situato lungo la Strada statale 12 dell'Abetone e del Brennero, tra San Giuliano Terme e Lucca, che si estende sia nella piana che sul crinale del Monte Pisano. Il suo nome deriva dai mulini che un tempo si trovavano presso il torrente Cuoza, dividendo il paese in due parti: Cuoza in montagna e Corte di Lugnano nella valle.
 
Molina Di Quosa veduta aerea
Molina di Quosa veduta aerea
Foto: wikipedia
 
L'importanza storica di Molina di Quosa è evidente sin dai tempi romani, quando la via Emilia Scauri collegava Pisa a Lucca, passando per questo territorio. Resti di un'abitazione signorile di epoca romana sono stati scoperti nel centro del paese, suggerendo l'esistenza di una colonia gestita dalla famiglia dei Leoninus.
 
Durante il periodo del Medioevo, il paese conobbe uno sviluppo demografico ed economico grazie alla costruzione di mulini ad acqua, introdotti dai Crociati, utilizzati per macinare cereali e spremere olive. Tuttavia, la sua posizione strategica lo rese oggetto di dispute tra le repubbliche di Lucca e Pisa, che si riflettevano nella costruzione e demolizione di mura difensive e castelli.
 
Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, Molina di Quosa subì un tragico eccidio nazifascista, durante il quale 69 persone furono uccise. Il parroco del paese, don Giuseppe Bertini, sacrificò la propria vita per proteggere alcuni partigiani nascosti, consegnandosi ai tedeschi e venendo fucilato.
 
L'economia locale rimase strettamente legata all'attività dei mulini fino al XX secolo, quando l'ultimo mulino cessò le sue attività negli anni '50. Oggi, Molina di Quosa conserva tracce tangibili della sua ricca storia, dalle antiche mura al ricordo dei tragici eventi della guerra.
 
Roberto Marchetti

Fonte: wikipedia

 

Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

Gruppo Combattimento Folgore
Gruppo di combattimento FOLGORE
Foto: combattentiliberazione

 

Il Gruppo di Combattimento Folgore, formato nel settembre 1944, rappresenta uno dei reparti più distinti e coraggiosi dell'esercito italiano durante la Seconda Guerra Mondiale. Composto dal Reggimento paracadutisti Nembo e dal Reggimento Marina San Marco, insieme all'artiglieria e ai servizi, il Folgore si distinse per il suo valore sul fronte italiano.
Comandato dal generale Giorgio Morigi, il Folgore si distinse per la sua partecipazione alla sostituzione della 6^ Divisione corazzata britannica nei settori Val Senio, Val Santerno e Borgo S. Lorenzo del fronte italiano nel marzo 1945. Il gruppo affrontò la 334^ Divisione tedesca e il Battaglione d’assalto Forlì della Repubblica Sociale Italiana.
 
Gruppo di Combattimento Folgore 1
Foto: tratta da combattentiliberazione
 
Durante la sua avanzata, il Folgore si unì ad altri reparti italiani, come la Brigata Alessandro Bianconcini, aumentando così la sua forza e il suo impatto sul campo di battaglia. Il 19 aprile 1945, dopo una preparazione di artiglieria, il Folgore attaccò le difese nemiche a Case Grizzano con grande coraggio e determinazione, riuscendo a respingere i contrattacchi tedeschi e a prendere il controllo della zona.
Successivamente, il Folgore si unì ad altri Gruppi di Combattimento italiani, come il Friuli e il Legnano, nell'avanzata verso Bologna. Anche se il Folgore ricevette l'ordine di dirigersi a Brisighella per riorganizzarsi, il 2 maggio 1945 apprese la notizia della fine della guerra.
Il tributo pagato dal Gruppo di Combattimento Folgore fu significativo, con 164 morti, 244 feriti e 14 dispersi durante i due mesi di combattimenti. I caduti trovano riposo nel Cimitero di Guerra di Castel del Rio, dove sono commemorati per il loro coraggio e il loro sacrificio al servizio della patria.
 
Roberto Marchetti

Fonte: combattentiliberazione

 

Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

Gruppo di combattimento CREMONA
Gruppo di combattimento CREMONA
Foto: combattentiliberazione

 

Il Gruppo di Combattimento Cremona, un'unità valorosa e determinata, ha lasciato un segno indelebile nella storia della Seconda Guerra Mondiale con la sua partecipazione all'offensiva finale contro le forze tedesche in Italia settentrionale.
Dopo aver subito le avversità della malaria, della scarsità di risorse e delle condizioni avverse in Sardegna, il Gruppo si è rigenerato e ha dimostrato un coraggio straordinario nei momenti cruciali del conflitto.
Guidati dal generale Clemente Primieri, i soldati del Cremona hanno affrontato una serie di duri scontri, conquistando posizioni strategiche e contribuendo in modo significativo alla liberazione di importanti città come Fusignano, Alfonsine, Adria e, infine, Venezia.
La cooperazione con la Brigata partigiana Mario Gordini ha testimoniato il valore della collaborazione tra le forze alleate e i partigiani locali, unendo le forze per combattere il comune nemico con coraggio e determinazione.
 
Il Gruppo di Combattimento Cremona
Foto: combattentiliberazione
 
L'eroismo e il sacrificio dei soldati del Gruppo di Combattimento Cremona sono stati commemorati con dignità nel cimitero sacrario di Camerlona, un tributo alle vite perdute nella lotta per la libertà e la giustizia.
Il tricolore sventolato dai soldati del Cremona in Piazza San Marco a Venezia il 2 maggio 1945 rimane un simbolo tangibile della vittoria e della rinascita di un popolo unito nella lotta per la propria liberazione.
L'eredità di coraggio e sacrificio del Gruppo di Combattimento Cremona continuerà a ispirare le generazioni future nella difesa dei valori fondamentali di libertà e democrazia.

Roberto Marchetti

Fonte: ombattentiliberazione

 

Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

La VIII Armata: Trionfi e Battaglie nel Fronte Mediterraneo durante la Seconda Guerra Mondiale

 
Emblema della VIII Armata britannica
Emblema della VIII Armata britannica 
Foto: wikipedia

 

Durante la Seconda Guerra Mondiale, la VIII Armata del British Army ha lasciato un'impronta indelebile nella storia militare, conducendo con determinazione e coraggio una serie di operazioni decisive nel teatro bellico del Mediterraneo.

Nata nel caldo estate del 1941 su impulso del generale Claude Auchinleck, la VIII Armata si formò per fronteggiare le forze italo-tedesche nel Nordafrica. Composta inizialmente dal XIII Corpo d'Armata e dal XXX Corpo d'Armata, fu comandata da illustri generali come Alan Cunningham, Neil Ritchie e infine il celebre Bernard Montgomery.

Montgomery, soprannominato "Monty", prese le redini dell'armata in un momento critico e con determinazione e abilità riorganizzò e rinforzò le sue forze. Con una serie di vittorie prestigiose, guidò la VIII Armata alla resa delle forze dell'Asse in Tunisia e iniziò la campagna d'Italia con grande slancio.

Il suo successo portò alla sua chiamata per comandare le forze terrestri alleate nell'Operazione Overlord in Normandia, lasciando la guida della VIII Armata a uomini come Oliver Leese e Richard McCreery. Questi generali, con tenacia e abilità, affrontarono le ultime e più feroci battaglie sul fronte mediterraneo, conducendo l'armata fino alla conclusione del conflitto.

La VIII Armata, con il suo coraggio e la sua determinazione, rimarrà per sempre nella storia come una delle forze alleate più cruciali nella lotta contro le potenze dell'Asse durante la Seconda Guerra Mondiale.

Roberto Marchetti 

Fonte: wikipedia

 

Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

Buchenwald Children 90250
Foto: tratta da wikipedia

 

L' UNRRA, o Amministrazione delle Nazioni Unite per l'assistenza e la riabilitazione, è stata un'organizzazione internazionale formata durante la Seconda Guerra Mondiale per fornire aiuti economici e civili alle popolazioni danneggiate dal conflitto. Fondata nel 1943, l' UNRRA ha svolto un ruolo cruciale nel fornire assistenza a paesi devastati dalla guerra, distribuendo generi alimentari, carburanti, materie prime industriali, medicinali e altre forniture essenziali.

Con un vasto contributo finanziario, principalmente dagli Stati Uniti, l' UNRRA ha operato su scala globale, assistendo paesi come la Cina, la Polonia, l'Italia, la Jugoslavia e molti altri. Oltre alle forniture materiali, l' UNRRA ha anche fornito assistenza ai profughi e alle persone apolidi, affrontando sfide sociali e sanitarie.

L'operato dell' UNRRA è stato regolato da accordi con i governi nazionali, garantendo una distribuzione equa delle risorse e prevenendo abusi o malversazioni. Nonostante la sua chiusura nel 1947, l'eredità dell' UNRRA è stata continuata da altre organizzazioni internazionali come l' IRO, l' ICEF, la WHO e la FAO, che hanno proseguito nel sostegno alle popolazioni vulnerabili e nel promuovere la ripresa post-bellica.

L' UNRRA ha rappresentato un importante esperimento di solidarietà internazionale e cooperazione multilaterale, contribuendo alla ricostruzione e alla riabilitazione di nazioni colpite dalla guerra e stabilendo un precedente per il futuro impegno umanitario a livello globale.

Roberto Marchetti

Fonte: treccani

 

Ricerca storica: Roberto Marchetti

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