Croce Rossa Italiana - Comitato di Pisa
 
nastro tricolore
 

Velivoli Cant Z 506: Angeli Bianchi del Mare durante la Seconda Guerra Mondiale

Durante la Seconda Guerra Mondiale, i velivoli Cant Z 506 si guadagnarono una reputazione ambivalente come simboli di soccorso in mare contrassegnati dalla croce rossa internazionale, ma anche come bersagli potenziali a causa di equivoci bellici.

 

Velivoli Cant Z 506
Foto: Velivoli Cant Z 506
Fonte: gentedelquindicesimo - segrete ali raccolsero


Questi aerei, dipinti di bianco e decorati con la vistosa croce rossa sui lati della fusoliera, furono impiegati principalmente per recuperare gli equipaggi di aerei abbattuti in mare. Tuttavia, nonostante il riconoscimento internazionale dei loro simboli, non erano al riparo dagli attacchi nemici. La ragione di ciò risiedeva in una comprensione distorta delle loro attività.

Le forze nemiche spesso interpretavano erroneamente l'impiego dei Cant Z 506. Le informazioni sbagliate o incomplete facevano credere che questi aerei potessero essere utilizzati per altri scopi oltre al soccorso in mare durante le emergenze. Questo equivoco portava a volte a tragici risultati, con i velivoli soccorritori che diventavano obiettivi di attacco anziché mezzi di aiuto.
Nonostante ciò, i Cant Z 506 perseverarono nella loro missione umanitaria, dimostrando un coraggio straordinario in situazioni di estrema pericolo. La loro storia rappresenta un paradosso della guerra: da un lato, il desiderio di soccorrere e salvare vite umane, dall'altro, la sospettosa natura bellica che portava al loro attacco.

In un conflitto segnato da ambiguità e ambivalenza, i Cant Z 506 rimangono un simbolo della complessità morale e delle sfide umane affrontate durante la guerra, evidenziando la difficile linea tra il dovere umanitario e la brutalità del conflitto armato.

Roberto Marchetti

 

Fonte: gentedelquindicesimo - segrete ali raccolsero

 

 

 

 

 

06 maggio 1894

Pied del ponte

 

Asili infantili

 

Separatore

Ditta Batacchi

 

 

Fonte: internetculturale


Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

13 maggio 1894

Pied del ponte

 

Per la carità

 

Separatore

Franco Manfredoni

 

 

Fonte: internetculturale


Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

27 maggio 1894

Pied del ponte

 

Una nuova società

 

 

Separatore

Tricofilo

 

 

 

Fonte: internetculturale


Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

29 maggio 1897

Pied del ponte

 

Al giuoco del pallone

 

 

Separatore

Ristorante l'Arno

 

 

 

Fonte: internetculturale


Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

07 maggio 1899

Pied del ponte

I carri di assistenza in giro

 

Separatore

Malattie dei bambini

 

 

Fonte: internetculturale


Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

21 maggio 1899

Pied del ponte

 

Cavalli in fuga

 

Separatore

Danni della grandine

 

 

Fonte: internetculturale


Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

Il campo di concentramento di Coltano: una pagina poco conosciuta della storia italiana del secondo dopoguerra".

 

st coltano campo
Foto: Campo di Coltano
Fonte: glistatigenerali

 

Durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale e subito dopo, l'Italia fu teatro di eventi drammatici e trasformazioni politiche senza precedenti. Tra questi, uno degli episodi meno conosciuti è il campo di concentramento di Coltano, situato nella provincia di Pisa, destinato a prigionieri italiani che avevano combattuto per la Repubblica Sociale Italiana (RSI), il regime fascista filotedesco.


Costruito dalle autorità alleate nel 1945, Coltano era concepito come un centro di detenzione temporaneo per migliaia di ex militari fascisti. La sua istituzione rispondeva alla necessità di mantenere l'ordine pubblico e accertare le responsabilità individuali dei prigionieri, evitando al contempo episodi di giustizia sommaria da parte delle formazioni partigiane.


Il campo era diviso in tre settori: due per i prigionieri tedeschi e uno, il PWE 337, per gli italiani. Le condizioni di detenzione erano estremamente dure, con maltrattamenti, fame e un clima di tensione costante tra detenuti e sorveglianti. Tuttavia, nonostante le difficoltà, il campo non può essere paragonato ai campi di concentramento nazisti o ai gulag sovietici.


Dopo sei mesi di attività, Coltano fu chiuso nel gennaio 1946, seguendo una politica di riconciliazione nazionale adottata dal governo italiano. Molti prigionieri furono rilasciati grazie a provvedimenti di amnistia e indulto. La vicenda dei campi di concentramento per fascisti in Italia è stata spesso trascurata dalla storiografia, ma è importante indagare su questi episodi per comprendere appieno la complessità e le contraddizioni del periodo storico.


La chiusura di Coltano segnò la fine di un capitolo oscuro della storia italiana, ma rimane un monito sulla necessità di ricordare e studiare anche gli eventi meno noti, per una migliore comprensione del passato e del presente.

Roberto Marchetti

 

Fonte: instoria

 

Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

 Raffaele Soru
Foto: Raffaele Soru
Fonte: wikipedia

 

Raffaele Soru: Il Sacrificio di un Eroe Italiano nella Crisi del Congo

Raffaele Soru, nato il 29 ottobre 1921 a Siapiccia, nella provincia di Oristano, è stato un militare e infermiere italiano che ha sacrificato la sua vita mentre serviva nella missione di pace dell'ONU durante la crisi del Congo. Il suo coraggio e il suo altruismo sono stati riconosciuti con la prestigiosa Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Arruolatosi come caporale infermiere nel Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, Soru si distinse per il suo impegno e la sua dedizione nel fornire cure mediche essenziali nella tumultuosa regione del Congo. Prestò servizio presso l'Ospedale da Campo n. 010 in due periodi distinti: dal 19 novembre 1960 al 24 giugno 1961 e successivamente dal 16 luglio al 17 settembre 1961.

Durante il suo secondo turno di missione a Albertville, nella provincia secessionista del Katanga, il 17 settembre 1961, Soru e un gruppo di militari italiani furono attaccati con armi da fuoco. Nel corso dell'attacco, Soru fu gravemente ferito all'addome. Nonostante le cure tempestive ricevute, il suo stato rimase critico e, pur lottando con coraggio, si spense il 25 settembre successivo.

Il suo sacrificio e il suo eroismo non sono stati dimenticati. Papa Giovanni Paolo II ha commemorato Soru insieme ai caduti di Kindu, lodandoli come eroi italiani da emulare e ricordare. Il 9 novembre 1994, il Presidente della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro ha conferito postumo a Soru la Medaglia d'oro al valor militare, riconoscendo il suo straordinario contributo e sacrificio per la pace.

La memoria di Raffaele Soru è stata onorata anche nella sua città natale. Una via a Siapiccia porta il suo nome, inaugurata con la presenza della sua vedova, la signora Concetta La Mantia, nel 2006. Questo gesto testimonia il rispetto e la gratitudine della comunità locale per il suo servizio e il suo sacrificio in nome della pace e dell'umanità.

Raffaele Soru rimane un simbolo di dedizione, coraggio e sacrificio, e la sua storia continua a ispirare e a illuminare il cammino di coloro che si impegnano per la pace e il bene comune, sia in Italia che nel mondo.

Roberto Marchetti

 

 

Onoreficenze

Valor militare oro

Medaglia d'oro al valor militare
«Caporale del Corpo militare della Croce Rossa Italiana appartenente al personale di assistenza dell’Ospedale da campo n. 010 dislocato nell’ex Congo, nella zona di Alberthville e operante, al seguito delle Forze dell’ONU, a favore del personale delle Nazioni Unite e delle popolazioni locali, prestava la propria opera con fervido impegno, grande professionalità, instancabile solerzia ed elevato spirito di fratellanza, nel rispetto dei valori morali vissuti con sicura fede e salda determinazione. Nel corso di un proditorio attacco armato sferrato da forze ribelli, consapevole dei pericoli cui andava incontro nell’adempimento della propria missione umanitaria ma fiducioso nel simbolo della Croce Rossa Italiana e nei suoi principi, volontariamente accettati, immolava la vita a seguito delle ferite riportate durante l’aggressione. Fulgido esempio di assoluta dedizione, generoso altruismo e umana solidarietà sino all’estremo sacrificio.»
— Alberthville, 25 settembre 1961
— Roma, 7 dicembre 1994

 

Medaglia dargento al merito CRI

Medaglia d'argento al merito della Croce Rossa Italiana

 

Fonte: wikipedia

 

Ricerca storica: roberto Marchetti

 

 

 

 

 

Il Terremoto del 1979 nella Valnerina: Una Storia di Devastazione e Resilienza

 

Terremoto Valnerina 79

 

La Valnerina, una regione incantevole situata al confine tra Umbria, Lazio e Marche, è stata teatro di eventi sismici catastrofici nel corso dei secoli. Tra questi, il terremoto del 4 dicembre 1328 e il Grande Terremoto del 1703 rimangono incisi nella memoria storica per la loro devastazione e il tragico bilancio di vite perdute.

Tuttavia, il 19 settembre 1979, un altro terremoto scosse profondamente questa regione, portando con sé distruzione e dolore. Con epicentro nei pressi di Maltignano di Cascia, il sisma, con una magnitudo momento di 5.8, causò un'intensità stimata tra l'VIII e il IX grado della scala Mercalli, colpendo duramente i piccoli borghi montani come Castel Santa Maria, Chiavano, Civita di Cascia, San Marco di Norcia e Trimezzo di Cittareale.

La Valnerina subì l'ira della natura, con cinque vite spezzate, centinaia di feriti e migliaia di sfollati. Norcia, la città più colpita, vide crollare molte delle sue abitazioni e delle sue mura urbane. La basilica di San Benedetto e il palazzo Vescovile rimasero gravemente lesionati, mentre altre chiese e edifici storici subirono danni irreparabili.

Fuori dalla città, il santuario della Madonna della Neve venne completamente distrutto, mentre molte altre chiese patirono crolli parziali. I danni si estesero anche al Lazio, con territori come Cittareale e Leonessa gravemente colpiti, e ad altre regioni circostanti come Abruzzo e Marche.

L'impatto del terremoto non si limitò solo al piano materiale, ma si fece sentire anche a livello emotivo e psicologico. In tutta l'Italia centrale, dalle strade di Firenze alla vivace Roma, il terremoto causò panico e terrore.

Tuttavia, in mezzo alla tragedia, emerse anche la forza e la resilienza della comunità. Gli sforzi di soccorso e di ricostruzione furono immediati e solidali. Studi macroseismici condotti successivamente dal professor Paolo Favali hanno fornito una comprensione più approfondita degli effetti del terremoto e hanno contribuito a guidare gli sforzi di ricostruzione.

L'episodio curioso degli elefanti del circo Orfei a Perugia, che avevano mostrato segni d'inquietudine prima del terremoto e che, alla scossa, si erano liberati e fuggiti in città, rimane un ricordo bizzarro di quell'evento.

Il terremoto del 1979 nella Valnerina rimane un capitolo doloroso nella storia di questa regione, ma anche una testimonianza della resilienza umana di fronte alle avversità naturali

Roberto Marchetti

 

Fonte: blueplanetheart

 

Ricerca storica: Roberto Marchetti