Croce Rossa Italiana - Comitato di Pisa
 
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Distintivo Volontari UNPA 

 

L'Unione Nazionale Protezione Antiaerea (UNPA): Un'Epopea di Soccorso Durante la Seconda Guerra Mondiale

L'Unione Nazionale Protezione Antiaerea, meglio conosciuta come UNPA, rappresentò un pilastro fondamentale della protezione civile durante il periodo bellico della Seconda Guerra Mondiale in Italia. Fondata il 31 agosto 1934 e successivamente riorganizzata con il regio decreto n.1062 del 14 maggio 1936, l'UNPA aveva il compito di garantire la sicurezza dei cittadini italiani dai bombardamenti aerei nemici. Inizialmente, l'UNPA si basava principalmente sul volontariato per le sue attività di prevenzione e salvataggio.

Tuttavia, con l'entrata in guerra dell'Italia il 18 giugno 1940, l'organizzazione fu militarizzata, assumendo un ruolo ancora più cruciale nella difesa e nel soccorso della popolazione durante i bombardamenti. Il personale dell'UNPA era accuratamente addestrato e la sua efficienza era garantita da esercitazioni regolari di protezione antiaerea, spesso documentate nei filmati dell'Istituto LUCE. Tuttavia, verso la fine del conflitto, lo stato di emergenza estrema portò al reclutamento di individui anziani o con limitazioni fisiche, compromettendo in parte l'efficacia del servizio.

Una caratteristica peculiare dell'UNPA era la sua eterogeneità, che comprendeva anche gli ex esuli che avevano abbandonato il paese durante il regime fascista e che ora, tornati in Italia, trovavano nella protezione civile un modo per contribuire alla difesa della propria patria, senza tuttavia partecipare alle attività della Milizia. Durante i bombardamenti alleati che colpirono pesantemente l'Italia nelle fasi finali della guerra, l'UNPA si distinse per il suo ruolo di soccorritore, intervenendo tempestivamente per liberare i civili intrappolati sotto le macerie e per fornire assistenza nelle operazioni di salvataggio.

L'UNPA collaborava attivamente con altre organizzazioni di soccorso come il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e le Squadre di Protezione Antiaerea (SPAA) organizzate dai comuni, oltre ai volontari della GIL e alle Squadre Comunali di Autoprotezione. Il personale dell'UNPA era autorizzato a muoversi al di fuori dei rifugi antiaerei durante i bombardamenti, una prerogativa che era vietata alla cittadinanza e che era severamente sanzionata se violata. Le squadre dell'UNPA erano dotate di mezzi specializzati per il trasporto di persone e attrezzature, tra cui motocarrozzette e materiale di caricamento essenziale come attrezzi da scavo, scale, funi e estintori portatili. Tuttavia, con la fine della Seconda Guerra Mondiale,

l'UNPA vide la sua fine ufficiale con il Decreto Luogotenenziale del 6 marzo 1946, n.175, con decorrenza dal 28 febbraio 1946. In conclusione, l'Unione Nazionale Protezione Antiaerea rappresenta un capitolo significativo nella storia della protezione civile italiana durante la Seconda Guerra Mondiale, testimoniando il coraggio e la dedizione dei suoi volontari nel proteggere e assistere la popolazione durante uno dei periodi più bui della storia del paese.

Roberto Marchetti

Fonte:  wikipedia

 

 

 

 

 

 
 
L'Unione Nazionale Protezione Antiaerea (UNPA): Un'Epopea di Soccorso Durante la Seconda Guerra Mondiale
 
L'Unione Nazionale Protezione Antiaerea, meglio conosciuta come UNPA, rappresentò un pilastro fondamentale della protezione civile durante il periodo bellico della Seconda Guerra Mondiale in Italia. Fondata il 31 agosto 1934 e successivamente riorganizzata con il regio decreto n.1062 del 14 maggio 1936, l'UNPA aveva il compito di garantire la sicurezza dei cittadini italiani dai bombardamenti aerei nemici.
 
Inizialmente, l'UNPA si basava principalmente sul volontariato per le sue attività di prevenzione e salvataggio. Tuttavia, con l'entrata in guerra dell'Italia il 18 giugno 1940, l'organizzazione fu militarizzata, assumendo un ruolo ancora più cruciale nella difesa e nel soccorso della popolazione durante i bombardamenti.
 
Il personale dell'UNPA era accuratamente addestrato e la sua efficienza era garantita da esercitazioni regolari di protezione antiaerea, spesso documentate nei filmati dell'Istituto LUCE. Tuttavia, verso la fine del conflitto, lo stato di emergenza estrema portò al reclutamento di individui anziani o con limitazioni fisiche, compromettendo in parte l'efficacia del servizio.
Una caratteristica peculiare dell'UNPA era la sua eterogeneità, che comprendeva anche gli ex esuli che avevano abbandonato il paese durante il regime fascista e che ora, tornati in Italia, trovavano nella protezione civile un modo per contribuire alla difesa della propria patria, senza tuttavia partecipare alle attività della Milizia.
Durante i bombardamenti alleati che colpirono pesantemente l'Italia nelle fasi finali della guerra, l'UNPA si distinse per il suo ruolo di soccorritore, intervenendo tempestivamente per liberare i civili intrappolati sotto le macerie e per fornire assistenza nelle operazioni di salvataggio.
 
L'UNPA collaborava attivamente con altre organizzazioni di soccorso come il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e le Squadre di Protezione Antiaerea (SPAA) organizzate dai comuni, oltre ai volontari della GIL e alle Squadre Comunali di Autoprotezione. Il personale dell'UNPA era autorizzato a muoversi al di fuori dei rifugi antiaerei durante i bombardamenti, una prerogativa che era vietata alla cittadinanza e che era severamente sanzionata se violata.
 
Le squadre dell'UNPA erano dotate di mezzi specializzati per il trasporto di persone e attrezzature, tra cui motocarrozzette e materiale di caricamento essenziale come attrezzi da scavo, scale, funi e estintori portatili.
 
Tuttavia, con la fine della Seconda Guerra Mondiale, l'UNPA vide la sua fine ufficiale con il Decreto Luogotenenziale del 6 marzo 1946, n.175, con decorrenza dal 28 febbraio 1946.
 
In conclusione, l'Unione Nazionale Protezione Antiaerea rappresenta un capitolo significativo nella storia della protezione civile italiana durante la Seconda Guerra Mondiale, testimoniando il coraggio e la dedizione dei suoi volontari nel proteggere e assistere la popolazione durante uno dei periodi più bui della storia del paese.
 
Roberto Marchetti
 
Fonte: wikipedia
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 

Nel cuore della Toscana, nel comune di Massarosa, si erge un monumento modesto ma carico di significato: il piccolo monumento ai martiri della "Sassaia". Questo luogo della memoria ricorda uno degli eventi più tragici della Seconda Guerra Mondiale nella regione, un massacro che ha lasciato un'impronta indelebile nella storia locale.

Situata a soli 5,79 chilometri dal centro di Massarosa, la frazione di Sassaia è diventata tristemente famosa per essere stata il teatro di uno dei più gravi massacri avvenuti durante il conflitto mondiale. Con 38 innocenti vite spezzate, questo episodio rimane uno dei momenti più bui non solo per Massarosa, ma per l'intera regione della Versilia.

L'orrore si consumò nella notte tra il 6 e il 7 agosto 1944, quando una vasta operazione di rastrellamento condotta sul monte Pisano portò alla cattura di numerosi civili, tra cui 31 persone che furono condotte a Sassaia. Qui, senza pietà, furono allineati contro il pendio della collina e freddati a colpi di mitra. Poco dopo, giunsero altri otto civili italiani, provenienti dal campo di concentramento di Socciglia, nei pressi di Borgo a Mozzano. Ignorando i loro lasciapassare, i militari tedeschi ordinarono la loro esecuzione, forse per eliminare testimoni scomodi del massacro appena compiuto.

Tra gli otto, solo Edilio Dazzi riuscì a sfuggire alla morte, miracolosamente illeso e nascosto tra i corpi dei suoi compagni. Questo episodio, perpetrato con una violenza inaudita, fu molto probabilmente opera dei membri della Feldgendarmerie, la polizia militare, della 16ª Divisione, forse coadiuvati da soldati del 3° Battaglione del 36° Reggimento della stessa divisione, stanziati nella zona in quel periodo.

Il monumento ai martiri della "Sassaia" rimane oggi un toccante tributo alle vittime di quel tragico evento, un monito contro l'orrore della guerra e un richiamo alla necessità di preservare la memoria di coloro che hanno sacrificato le loro vite per la libertà e la giustizia.

Roberto Marchetti

 

Fonte: isreclucca

 

Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

Paolo Vanni 

 

Il Prof. Paolo Vanni: Una Vita Dedicata alla Medicina e alla sua Storia

Il Prof. Paolo Vanni è una figura di spicco nel panorama accademico italiano e internazionale, con una carriera che abbraccia la ricerca scientifica, l'insegnamento e la promozione della storia della medicina. Ordinario di Chimica Medica presso la Facoltà di Medicina dell'Università di Firenze, il Prof. Vanni ha consolidato la sua reputazione come esperto rinomato nella sua disciplina.

Con oltre 200 pubblicazioni tra libri, riviste e letture, il Prof. Vanni ha contribuito in modo significativo alla letteratura scientifica e alla diffusione della conoscenza nel campo della medicina. Il suo impegno nell'insegnamento è evidente anche dalla sua nomina come titolare dell'insegnamento di Storia della Medicina presso la Facoltà di Medicina dell'Università di Firenze sin dal 1995, oltre alla sua partecipazione nei Diplomi Universitari degli Ospedali di Empoli e Prato.

La sua influenza si estende oltre i confini nazionali, con incarichi prestigiosi come Visiting Professor alla Washington University negli Stati Uniti e al Laboratorio Fur Biochemia dell'ETH Zurich. Nel corso della sua carriera, ha anche ricoperto il ruolo di Visiting Professor presso l'Institute of Medical History dell'Università di Toronto nel 2001.

Oltre ai suoi contributi accademici, il Prof. Vanni si è distinto per il suo impegno nell'organizzazione di congressi nazionali di Storia della Medicina, dimostrando un profondo interesse nel promuovere e diffondere la conoscenza storica nel campo della salute. Inoltre, la sua nomina come direttore dell'Ufficio Storico della Croce Rossa Italiana in Toscana sottolinea il suo impegno nel preservare e valorizzare il patrimonio storico legato all'assistenza sanitaria.

La sua dedizione alla ricerca e alla divulgazione gli ha valso riconoscimenti accademici prestigiosi, tra cui l'appartenenza all'Accademia "La Colombaria" di Firenze e all'Accademia dell'Arte Sanitaria di Roma. Inoltre, il Prof. Vanni è stato membro della Società Filoiatrica Fiorentina e ha ricoperto il ruolo di delegato nazionale alla Storia della Croce Rossa.

 

Fonte: Viviparchi.eu

Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

18 marzo 1894

Pied del ponte

 

La Croce Rossa

 

Separatore

 

Sartoria

 

 

Fonte: internetculturale


Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

05 marzo 1899

Pied del ponte

Adunanza generale della Croce Rossa

 

Separatore

 

China granulare effervescente

 

Fonte: internetculturale


Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

12 marzo 1899

Pied del ponte

 

Una tettoia che rovina

 

Separatore

 

Fonte: internetculturale


Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

19 marzo 1899

Pied del ponte

 

I proprietari delle case si riuniscono in coperativa

 

Separatore

 

Ditta Ranieri

 

 

Fonte: internetculturale


Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

Alfonso Di Vestea
Foto elaborata da un immagine tratta da: ilprimato.com

 

Alfonso Di Vestea (1854-1938) è stato un eminente medico, batteriologo e virologo italiano nato il 20 luglio 1854 a Loreto Aprutino e deceduto il 25 aprile 1938 a Roma.

Dopo aver completato gli studi secondari presso il seminario di Atri, Di Vestea proseguì i suoi studi in medicina presso le università di Bologna e Napoli, laureandosi in quest'ultima città nel 1882 sotto la guida di Arnaldo Cantani. Si specializzò nel campo della microbiologia, lavorando presso l'istituto diretto da Cantani insieme a eminenti scienziati come Paolucci, Zagari, Ducrey e Tursini.

Nel 1886, grazie a una borsa di studio, si recò a Parigi dove apprese le basi della prevenzione antirabbica direttamente da Louis Pasteur, il quale l'anno precedente aveva sviluppato il primo vaccino antirabbico. Tornato a Napoli, Di Vestea si dedicò allo studio della rabbia e istituì un "Reparto della rabbia" presso l'istituto diretto da Cantani, focalizzandosi sulla ricerca e la prevenzione di questa grave malattia.

Nel 1887, insieme a Giuseppe Zagari, Di Vestea dimostrò che la trasmissione della rabbia al sistema nervoso centrale avviene attraverso i nervi periferici. Nel 1904, insieme a Remlinger, confermò indipendentemente la filtrabilità dell'agente eziologico della rabbia attraverso le candele filtranti di Berkefeld e di Chamberland.

Di Vestea si distinse anche nel campo dell'igiene, svolgendo un ruolo significativo nella divulgazione e nell'educazione attraverso il manuale universitario "Principi d'igiene", pubblicato a Torino dalla UTET nel 1908.

Dal punto di vista accademico, Di Vestea ricoprì importanti incarichi: fu professore di igiene a Palermo nel 1890 e l'anno successivo fu nominato capo del laboratorio della Scuola di sanità pubblica a Roma, antesignana dell'Istituto Superiore di Sanità. Nel 1892 ottenne la cattedra di igiene a Pisa, dove rimase fino al momento del pensionamento.

In onore dei suoi contributi, l'Università di Pisa gli ha dedicato l'Istituto di Igiene. La sua eredità continua a essere riconosciuta e celebrata nel campo della medicina e della ricerca scientifica.

Fonte: ilprimato.com

Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

 

 

Giovan Battista Queirolo

 

Giovan Battista Queirolo, nato nel 1860, compì i suoi studi secondari presso il Liceo ginnasio di Chiavari. Successivamente, si iscrisse alla facoltà di Medicina dell'Università di Genova, laureandosi brillantemente nel 1882. Dopo la laurea, intraprese una carriera accademica e fu nominato prima assistente della Clinica medica e successivamente dell'Istituto di Patologia generale di Genova, sotto la direzione di Gaetano Salvioli.

Nel 1893, Queirolo ottenne un prestigioso posto alla cattedra di Clinica medica dell'Università di Pisa. Il suo arrivo a Pisa fu accolto con entusiasmo, e Queirolo stesso esprimeva il suo amore per la città con le parole: "Pisa sa che questo suo nuovo figliolo viene a lei col cuore pieno d'amore". La sua dedizione alla città di Pisa fu ricambiata con la nomina a consigliere comunale e successivamente come sindaco.

Nel 1905, Queirolo iniziò la sua carriera politica, venendo eletto deputato al Parlamento come costituzionale progressista. La sua carriera politica continuò con la rielezione nel 1913 e la nomina a senatore del Regno il 10 dicembre 1919.

Come medico, Queirolo incarnava un'ideologia che vedeva la clinica non solo come luogo di ricerca scientifica, ma anche di compassione e cura. Egli affermava che "la clinica deve essere ad un tempo scuola di scienza e di carità".

Dopo una lunga agonia, Giovan Battista Queirolo morì il 29 novembre 1930. Il suo prestigio fu tale che venne sepolto a Pisa nella Chiesa di San Francesco, in una cappella appositamente eretta per volere dell'Amministrazione degli Spedali Riuniti di Santa Chiara. La sua eredità come medico, accademico e politico rimane viva nella storia di Pisa e dell'Italia.

Fonte: wikipedia

Ricerca Storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

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