Croce Rossa Italiana - Comitato di Pisa
 
nastro tricolore
 

Nell'Ottocento, l'Italia fu devastata da un'esplosione di colera, una malattia che trovò terreno fertile nelle cattive condizioni igienico-sanitarie del tempo. Un'indagine parlamentare svolta tra il 1885 e il 1886 rivelò uno scenario allarmante, caratterizzato da mancanza di fognature, carenza di latrine e smaltimento inadeguato dei rifiuti. Questo contesto, combinato con la mancanza di acqua potabile e la generale sfiducia nella medicina ufficiale, contribuì a rendere l'epidemia di colera particolarmente letale.


Condizioni Igienico-Sanitarie Precarie:
L'indagine parlamentare evidenziò che la maggior parte dei comuni nel Regno d'Italia era priva di sistemi fognari, mentre meno della metà possedeva latrine. In alcune aree, gli escrementi venivano addirittura depositati negli spazi pubblici, amplificando il rischio di diffusione delle malattie. La carenza di acqua potabile aggravava ulteriormente la situazione, creando un ambiente ideale per la proliferazione del colera.


Problemi nello Smaltimento dei Rifiuti:
Lo smaltimento dei rifiuti rappresentava un grave problema, specialmente nelle periferie e nei paesi sprovvisti di servizi di nettezza urbana. La mancanza di un sistema efficiente portava all'accumulo di rifiuti per strada, aumentando il rischio di contaminazione e facilitando la diffusione del colera.


Arretratezza delle Conoscenze Mediche e Sfiducia nella Medicina Ufficiale:
Nell'Ottocento, le conoscenze mediche erano ancora limitate, e la popolazione aveva scarsa fiducia nella medicina ufficiale. Questa sfiducia complicò gli sforzi per contenere l'epidemia, poiché molte persone preferivano rimanere fedeli a rimedi tradizionali o addirittura evitare il coinvolgimento delle autorità sanitarie.


Misure Adottate e Fallimenti:
Per cercare di arginare l'epidemia, furono implementate misure come i cordoni sanitari marittimi e i giorni di quarantena per le imbarcazioni provenienti da zone infette. Tuttavia, tali provvedimenti si rivelarono inefficaci nel fermare la diffusione del colera, soprattutto nelle città più colpite come Napoli, dove l'epidemia si manifestò con particolare ferocia.


Conclusioni:
L'esplosione del colera nell'Italia dell'Ottocento rappresentò un drammatico risultato delle condizioni igienico-sanitarie precarie, dell'arretratezza delle conoscenze mediche e della sfiducia nella medicina ufficiale. Questo capitolo oscuro della storia italiana sottolinea l'importanza dell'igiene pubblica e delle politiche sanitarie nella prevenzione delle epidemie, fornendo lezioni preziose per il futuro.

Fonte: ambimed-group

 

 

Il colera a Pisa da il Corriere dell Arno 12 ottobre 1884

 

 

Il colera a Pisa Corriere dell Arno 12 10 1884

 

 

 Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

 

 

Fratellanza Militare logo

 

La Fratellanza Militare dei Combattenti: Un Legame Solido Tra Veterani e Soccorso Pubblico

Nel lontano 1872, prendeva vita in Italia un'associazione destinata a scrivere un capitolo significativo nella storia del supporto ai veterani militari. La Fratellanza Militare, o "Fratellanza Militare dei Combattenti", nacque con l'intento nobile di riunire coloro che avevano indossato l'uniforme e di promuovere il loro benessere, alimentando nel contempo il spirito di solidarietà tra i compagni d'armi.

Le origini della Fratellanza Militare erano intrise di un profondo senso di mutuo soccorso, poiché i veterani condividevano il peso delle esperienze belliche e cercavano un rifugio comune nella fratellanza che solo chi ha condiviso le stesse sfide può comprendere appieno. Tuttavia, fu solo nel 1878 che l'organizzazione ampliò la sua missione, dando vita alla "Compagnia Volontaria di Pubblica Assistenza".

Questa audace iniziativa, interna alla Fratellanza Militare, vide la luce con l'obiettivo di estendere una mano solidale non solo ai veterani, ma anche agli emarginati e agli infortunati della società. La "Compagnia Volontaria di Pubblica Assistenza" divenne il baluardo dell'umanità organizzata militarmente, impegnandosi nella missione nobile di portare aiuto concreto a coloro che si trovavano in situazioni di disagio.

I Militi Volontari, con il loro impegno, non solo offrivano assistenza agli ammalati, ma si dedicavano anche al soccorso in situazioni di emergenza. Le esercitazioni periodiche, precursori di ciò che oggi chiameremmo Protezione Civile, evidenziavano la preparazione di questa compagnia a rispondere con prontezza a qualsiasi evenienza, confermando il loro ruolo imprescindibile nella tutela della comunità.

Da allora, la Fratellanza Militare ha tessuto una trama di solidarietà e servizio, offrendo sostegno ai veterani delle forze armate italiane, specialmente nei delicati periodi che seguirono la guerra d'indipendenza e l'unificazione del Paese. Oggi, la loro eredità continua a vivere attraverso un impegno costante a promuovere il bene comune e a mantenere vivo il legame tra chi ha servito la patria.

Roberto Marchetti

 

 

Fonte: fratellanzamilitare.com

Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giosafatte Baroni: Una Vita Di Passione e Impegno Politico

Nato a Pisa il 21 ottobre 1827*, Giosafatte Baldassarre Marchionne Baroni è stato una figura di spicco nel panorama politico e patriottico dell'Italia del XIX secolo. La sua vita è stata segnata da una fervente partecipazione ai movimenti per l'indipendenza e la ricostruzione del Gran Ducato di Toscana.

Già in giovane età, Baroni si unì ai movimenti cospiratori contro il governo lorenese, venendo costretto ad emigrare in Corsica. Nel 1848, all'età di ventuno anni, si unì al Corpo di Spedizione Toscano, combattendo valorosamente a Curtatone e Montanara nelle file del Battaglione Civico pisano-senese inquadrato nel IV Reggimento dei Cacciatori degli Appennini. 

Ferito e catturato dagli austriaci, fu imprigionato ma successivamente rilasciato, tornando a combattere l'anno successivo nella Battaglia di Novara.

La sua vita politica fu segnata da continue tensioni con le autorità, venendo ammonito più volte dalla polizia per le sue presunte connessioni con associazioni sovversive. Nel 1854 partecipò al fallito moto mazziniano a Pisa e nel 1859 si unì come cacciatore volontario al 1° Reggimento Cacciatori delle Alpi guidato da Garibaldi nella "Seconda guerra d'indipendenza".

Baroni, un fervente seguace dei principi mazziniani, ricoprì importanti incarichi, tra cui la presidenza dell'Associazione dei Reduci delle Patrie Battaglie e la fondazione della sezione pisana dell'AIL (Associazione Internazionale dei Lavoratori).

La sua partecipazione alla "Terza guerra di indipendenza" nel 1866 e alla sfortunata Battaglia di Mentana nel 1867 al fianco di Garibaldi ne fecero un eroe nazionale. Nel 1871, divenne membro del Consiglio direttivo della Società democratica internazionale, rappresentando la componente garibaldina.

Nel corso degli anni, Baroni continuò il suo impegno politico e sociale, assumendo la presidenza dell'Associazione di Mutuo Soccorso fra i volontari superstiti delle patrie battaglie nel 1872. Tuttavia, dopo il 1875, si allontanò gradualmente dal movimento internazionalista.

Nel 1884, a Pisa, fu fondatore e Comandante della Croce Rossa, una Compagnia di mutua assistenza.

Giosafatte Baroni si spense il 5 maggio 1899 a Pisa, lasciando dietro di sé una ricca eredità di impegno politico e sociale nella storia dell'Italia unita.

 
 
*Come da documento di Battesimo Opera Primaziale del 14 giugno 1850.
Fonti: siusa.archivi.beniculturali, bfscollezionidigitali.org, Centro archivistico della Scuala Normale Superiore
 
Bibliografia:
R. Romiti Bernardi, "Gli internazionalisti a Pisa dal 1864 al 1875", in "La Toscana nell'Italia unita. Aspetti e momenti di storia toscana 1861-1945", Firenze, Unione Regionale delle Provincie Toscane, 1962.
F. Bertolucci, "Anarchismo e lotte sociali a Pisa 1871-1901. Dalla nascita dell'Internazionale alla Camera del Lavoro", Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 1988.
E. Capannelli e E. Insabato, "Guida agli archivi delle personalità della cultura in Toscana tra '800 e '900. L'area pisana". Olschki, 2000
Ippolito Spadafora "Pisa e la Massoneria" Edizioni ETS, 2010
Alla memoria di giosaffatte Baroni, nel 1 anniversario della sua morte, gli amici, I compagni di pensiero ed azione consacrano, 5 Maggio 1900 Pisa : Tip. Ferdinando Simoncini, 1900 monografia
 
 
Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

I magazzini della Croce Rossa erano ubicati presso l'Istituto Tecnico Antonio Pacinotti, situato nei locali di Palazzo Lanfranchi.

Questo istituto, dedicato alla memoria di Antonio Pacinotti, fungeva da sede ospitante per i depositi della Croce Rossa.

Il Palazzo Lanfranchi, a sua volta, costituiva l'ambiente fisico che accoglieva e forniva spazio per gli sforzi logistici e umanitari dell'organizzazione. In tale contesto, l'Istituto Tecnico svolgeva un ruolo cruciale nel supportare le attività della Croce Rossa, offrendo le strutture necessarie per gestire e distribuire le risorse destinate all'assistenza e al soccorso in situazioni di emergenza o necessità.

Roberto Marchetti

 

 Scuole tecniche
Foto: tratta dal web e rielaborata

 

Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

Non si hanno notizie certe che si tratti proprio di questo ex Convento in quanto ci sono altri ex conventi con lo stesso nominativo.
Nota del curatore del testo
 

Era una storia pressoché dimenticata.

Il 24 febbraio 1919 il capo missione della CR ungherese in Svizzera, Ernst Ludwig, dopo che una richiesta del 12 gennaio precedente era rimasta inascoltata, inoltrava al Cicr. una lettera nella quale esprimeva tutta la sua preoccupazione per una serie di reclami che aveva ricevuto dalla CR di Budapest sulla situazione dei prigionieri ungheresi in Italia. Prima di tutto i rilievi riguardavano il ritardo del rimpatrio dei prigionieri invalidi che avveniva 3-4 mesi dopo gli esami medici. In Italia ermo stati organizzati due campi di concentramento per Invalidi, uno a Calci (Pisa) e l'altro a Como. A Calci i prigionieri vivevano in condizioni primitive senza il bagno e nelle baracche il riscaldamento era del tutto insufficiente. Gli invalidi erano costretti a trascorrere molto tempo all'aria aperta così che, sosteneva la denuncia, le loro gambe e mani gelate dovevano essere amputati.

La Certosa ha svolto un ruolo importante durante la prima guerra mondiale. Da gennaio a marzo 1915 fu caserma del 32 ° Reggimento Artiglieria dell'Esercito Italiano, prima di diventare ospedale per soldati italiani dall'ottobre 1915 a dicembre 1916. Tra gennaio 1917 e dicembre 1919 fu trasformato in ospedale di transito per austro-ungarici Prigionieri di guerra, sottoposti a visita e spesso mesi di osservazione per distinguere i feriti e gli ammalati in buona fede da quelli autoinflitti, in vista del loro scambio con le controparti italiane. Accanto a questa funzione, nel 1918 la Certosa accolse alcuni profughi italiani da quelle parti del Paese che erano state sotto l'occupazione nemica. Fu solo nel 1920 che fu finalmente riportato alla sua funzione originaria.

Furono necessari numerosi rimaneggiamenti per trasformare la Certosa in prima caserma, poi ospedale militare e successivamente ospedale sicuro per i prigionieri di guerra nemici. Quest'ultimo prevedeva la costruzione di una garitta all'ingresso e l'erezione di muri e sbarre per impedire la fuga dei detenuti e l'ingresso in alcune aree di importanza artistica o storica. Gli ufficiali austro-ungarici erano alloggiati in stanze in varie parti del complesso, ma i prigionieri di grado inferiore molto probabilmente occupavano e ricevevano cure mediche negli edifici dell'ex granaio, magazzini e stalle che si estendono per oltre 4.000 metri quadrati. I prigionieri affetti da malattie infettive, che originariamente occupavano un certo numero di stanze di isolamento all'interno del monastero, furono trasferiti nel 1918 in tende nel parco contro il muro di fondo del complesso, ben lontano dagli edifici principali, probabilmente in risposta alle pressioni locali.

Dopo l'Armistizio, l'afflusso del numero degli infermi divenne ingente tanto che "con il passare dei mesi gli arrivi dei prigionieri aumentarono al punto che nel febbraio 1919 ne risultano 1.000, molti dei quali sistemati alla meglio per terra sulla paglia". 

La Certosa di San Giovanni Evangelista in Calci, comunemente nota come Certosa di Pisa o Certosa di Calci, è un complesso monastico, situato alle pendici del Monte Pisano, nel comune di Calci (Pisa), che ospitò un monastero certosino, attualmente sede del Museo Nazionale della Certosa Monumentale di Calci e del Museo di Storia Naturale dell'Università di Pisa (ala occidentale). 

 

Stalla magazzini granai alloggi dei soldati

Stalle, magazzini e granai adibiti ad alloggi dei soldati 

 

 malati certosa 1

Soldati nel chiostro grande

 

malati certosa 2

malati certosa

Soldati italiani nel cortile d'onore 

 

Carriages

 32°Reggimento artiglieria 

 

Fonte: 
josefkolbe-prisoner-of-war-calci (traduzione Roberto Marchetti)
Nessuno è rimasto ozioso: La prigionia in Italia durante la Grande Guerra Di Sonia Residori edizioni Franco Angeli
La Certosa di Calci nella Grande Guerra. Riuso e tutela tra Pisa e l' Italia, a c. di Gioli A., Edifir Edizioni Firenze 2015, p.72 
 
Foto: josefkolbe-prisoner-of-war-calci (traduzione Roberto Marchetti)
 
Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

Le ambulanze da montagna, completamente someggiate su quadrupedi, durante il conflitto avevano assunto una vasta gamma di ruoli che superavano le loro funzioni originali.

Operavano sia in prima che in seconda linea, svolgendo compiti diversificati come infermerie presidiali, ospedaletti chirurgici, locali d'isolamento, depositi per casi sospetti e istituti di riposo.

La loro versatilità consentiva loro di adattarsi alle mutevoli esigenze del fronte, fungendo da punti cruciali per la gestione e il trattamento di feriti e malati in diverse situazioni operative durante il conflitto.

 

 
Autoambulanza della grande guerrra
Foto: sanitagrandeguerra.it 
  
ambulanza 3 carnia 1917
L'ambulanza n. 3 in Carnia (Tribuna Illustrata n. 36 del 1917) 

 

Queste piccole formazioni sanitarie, in numero di 32, avevano assunto una numerazione non progressiva: 3, da 7 a 10, 15, 20, 22, 24, da 29 a 33, 37, 40, 45, da 48 a 50, 59, 60, 67, 73, 75, 77, 82, 83, 85, 87, 88.

Ambulanza da montagna 30 
Accampamento dell'Ambulanza da montagna attendata n. 30 alla Cantoniera della Presolana. Fonto: lombardiabeniculturali.it
 
 

Fonte: sanitagrandeguerra.it

Ricerca storica: Roberto Marchetti 

 

 

 
Clarice Pierini Borella di Pisa, chiamata a prestare per tre mesi il generoso servizio di assistenza ai militari italiani feriti, che sarebbero stati trasportati dalla Libia in patria. La dama pisana precedette di poco la partenza di un contingente maschile, il tenente medico Luigi Bertini e i militi Cesare Angiolini, Cesare Bruschi, Raimondo Ferrigni, Aurelio Gianni, Oreste Liporatti e Antonio Scarpellini.

Salita sulla nave ospedale Menfi con il secondo turno e rimasta anche nel terzo, su precisa richiesta della marchesa Guiccioli, Clarice Pierini Borella tenne un diario dei suoi tre mesi di missione che costituì una preziosa testimonianza non solo della capacità professionale delle infermiere, ma anche della sensibilità umana sua personale e di quella delle sorelle, ma in particolare la loro rappresentante pisana, espressero verso quei disgraziati che venivano sottoposte alle loro cure.
 
Il 10 gennaio del 1912, rientrarono i militi pisani della Croce Rossa da Tripoli con il treno da Firenze, accolti da una folla i cittadini, dal loro presidente Bocciardo e dal segretario Vaccaneo, dall’onorevole Queirolo e da rappresentanze della Fratellanza militare e dei reduci d’Africa, dalla Banda dei Minori corrigendi, prima che si formasse un corteo, diretto dalla Barriera Vittorio Emanuele alla piazza Garibaldi.

Clarice Pierini Borella, che poteva fregiarsi ormai del distintivo che lo Stato Maggiore della Regia Marina aveva deciso di assegnare al personale imbarcato per servire sulle Navi Ospedale, fu poi invitata dal Comitato di Volterra, ormai tra i più attivi della provincia e non solo, a tenere una conferenza, corredata da un filmato, sulla guerra di Libia, presso il Teatro Flacco della città etrusca, in occasione della Festa del fiore che doveva servire anche a rilanciare il sostegno economico alla Croce Rossa. Per parte loro, le Dame pisane organizzavano nei giorni del natale, in sintonia con quanto facevano le sorelle di altre città, una vendita di distintivi patriottici, il “trifoglio” d’Italia, in metallo smaltato con foglioline dei tre colori nazionali. Alla raccolta di fondi contribuirono anche gli studenti con le rappresentazioni teatrali.
 
Dal 26 maggio 1915 al 1925 ha assunto l'ncarico di Ispettrice provinciale delle II.VV.
 
Onorificenze e decorazioni
1912 Medaglia d'argento concessa dal Ministro della Regia Marina.
1919 Attestato di nenemerenza da parte del Corpo D'Armata di Firenze.
Medaglia d'argento al Merito C.R.I.
Attestato al Merito della C.R.I.
 
 
Bibliografia
Clarice Pierini Borella, Tre mesi come infermiera volontaria della Croce Rossa Italiana sulla nave “Melfi”. Diario di bordo, Pisa, Mariotti, 1912
Cfr. Alberto Galazzetti-Filippo Lombardi, La Croce Rossa Italiana nella guerra di Libia, in Costantino Cipolla-Paolo Vanni (a cura), Storia della Croce Rossa Italiana dalla nascita al 1914, I, Saggi, Milano, Franco Angeli, 2013, p. 753
Barbara Baccarini, La strutturazione dei soci e le componenti femminili della Croce Rossa Italiana, in Costantino Cipolla-Paolo Vanni (a cura), Storia della Croce Rossa Italiana dalla nascita al 1914, I, Saggi, Milano, Franco Angeli, 2013, p. 435.
«Il Ponte di Pisa. Giornale politico amministrativo della città e provincia», 14 gennaio 1912.
«Il Ponte di Pisa. Giornale politico amministrativo della città e provincia», 24-31 dicembre 1911. 55
 

Fonte: Storia della Croce Rossa in Toscana dalla nascita al 1914 I studi

Ricerca storica: Roberto Marchetti 

 

 

 


Logo CRI Comitato di Pisa

 
 
 
Un popolo che non conosce la storia è circoscritto al momento presente della generazione contemporanea
Arthur Schopenhauer

 

La Croce Rossa Italiana a Pisa

Prima parte dal 1883 al 1915 

Il 21 ottobre del 1883, a Pisa, veniva presentato il programma per la costituzione del Consolato operaio delle Associazioni liberali della provincia di Pisa, ovvero l’associazione provinciale di tutte le società che si richiamavano ai valori condivisi del Risorgimento.

Per lo più legate all’area radicale e massonica, si trattava di organizzazioni laiche, aperte a vari orientamenti coerentemente con la complessità ideologica garibaldino-mazziniana. Il programma si riprometteva il «miglioramento intellettuale, economico e politico della grande famiglia dei lavoratori», lo sviluppo dell’istruzione affinché gli operai potessero meglio attendere ai loro doveri e aspirare ai loro diritti, lo sviluppo del mutuo soccorso, della cooperazione e della partecipazione agli utili di impresa, il conseguimento del suffragio universale. L’elenco di società aderenti comprendeva ben 22 soggetti, fra cui la Fratellanza Militare di Mutuo soccorso di Pisa; è in questo ambito di associazionismo popolare che compare quindi il primo segnale di un’idea di Croce Rossa a Pisa.

Un anno dopo, con un manifesto del 31 ottobre 1884 a firma del “comandante” Giosafatte Baroni, che agiva a nome del Comitato promotore, veniva annunciata la costituzione in Pisa della compagnia di mutuo soccorso e di assistenza “La Croce Rossa”, militarmente ordinata, avente come scopo «il mutuo soccorso e l’assistenza di ogni ordine di cittadini in caso di pubbliche calamità o di parziali ma gravi disgrazie», prestando l’opera sua esclusivamente umanitaria, o per propria iniziativa o per mandato affidatole dall’autorità provinciale o comunale. Il nome di Baroni riconduceva alla massoneria e al mondo risorgimentale, in quanto quel personaggio, assai noto nel territorio, aveva un ricco passato di partecipazione agli eventi del movimento garibaldino e post-garibaldino; era stato anche un convinto internazionalista, legato ai gruppi più radicali nei primi anni settanta dell’800.

Le circostanze in cui nasceva quel primo tentativo di Comitato della Croce Rossa pisana erano comunque drammatiche e contingenti, perché legate allo scoppio dell’epidemia di colera che non aveva risparmiato neppure la “salubre” Pisa. Si deve dunque pensare a un’iniziativa del mondo laico, che così intendeva differenziarsi dalla Misericordia, ma che dal punto di vista delle modalità di allora non corrispondeva agli scopi ufficiali della organizzazione, che a quel tempo andava strutturandosi a livello nazionale e regionale. L’esperienza di questo primo comitato, che a Pisa si era intitolato Croce Rossa, ebbe quindi una vita abbastanza breve, anche per ragioni politiche.

Fu così che nacque nel 1888 un nuovo Sotto Comitato della Croce Rossa Italiana di Pisa, formalizzato a seguito di un’assemblea di cittadini e di autorevoli rappresentanti del notabilato, tenutasi il 25 agosto di quell’anno nella sala del Consiglio comunale. L’elemento propulsore di questa operazione era l’avvocato e giurista Emilio Bianchi, professore, civilista e politico di orientamento monarchico-costituzionale, il che faceva comprendere come la nuova Croce Rossa a Pisa nascesse in un contesto decisamente alternativo a quello in cui si era formato il primo sodalizio recante quel nome.

Il Sottocomitato di Pisa, che già all’inizio contava 111 iscritti, cominciò la sua attività sotto la presidenza del Tenete Generale Francesco Villani, con vicepresidenti lo stesso professor Bianchi e il cavalier Giuseppe Calvagna. Gli uffici furono situati presso la Regia Prefettura di Pisa ed il magazzino materiali, situato in locali presso le Scuole Tecniche, rimase lì fino alla smobilitazione del 1919.

La nomina di Villani come presidente dovette avere un carattere contingente e di urgenza; già l’anno successivo gli subentrò infatti il prof. Domenico Barduzzi, che sarebbe rimasto in carica fino al 1893. Barduzzi era un prestigioso medico e professore universitario, nonché direttore delle Terme di San Giuliano; il suo era un ruolo più che altro rappresentativo, essendo svolte tutte le principali funzioni operative dal vicepresidente Bianchi, vero ispiratore del sodalizio e personaggio di assoluto rilievo nel panorama politico cittadino, esponente attivo anche nel campo della propaganda liberale-monarchica.

Pisa intanto veniva considerata sempre più strategica in prospettiva militare; nel 1892 la Croce Rossa Italiana di Pisa venne incaricata di predisporre un Ospedale Territoriale da 120 posti letto presso l’ ex Convento di San Giovannino, attività pensata soprattutto in funzione del crescente impegno coloniale. Nel 1893 la presidenza del Comitato venne affidata di nuovo a un medico, il maggiore Emilio Bartalini che aveva fatto parte del consiglio fin dagli esordi.

Negli stessi anni si registrava la crisi della locale Misericordia, colpita da una scissione che dava luogo a un altro ente, la Croce Bianca, di ispirazione più laica e massonica.
Nel 1899 le grandi manovre dell’VIII Armata, che prevedevano l’impiego della Croce Rossa, impegnarono anche Pisa che contribuì al funzionamento di un ospedale da campo n. 21, operante tra il Mugello e l’Aretino. In funzione di questo impegno, fu acquistata una tenda di medicazione, un’ambulanza da montagna completa di dotazioni e fu predisposto un corso d’istruzione per il personale volontario presso l’Ospedale Civile.

Il Comitato di Pisa cominciava ad avere un peso patrimoniale e finanziario non trascurabile. Come altrove, svolgevano un ruolo importante anche le Dame della Croce Rossa che, nel 1907, come sezione femminile, furono protagoniste delle attività di finanziamento, organizzando con un certo successo diverse feste di beneficenza. Per il terremoto di Messina del 1908, la Croce Rossa pisana si mobilitò allestendo nella stazione ferroviaria di Pisa San Rossore un “Posto di Pronto Soccorso”, garantito da un Ufficiale e tre militi della C.R.I., e con le dame di Croce Rossa che prestavano assistenza come infermiere durante il passaggio di convogli con feriti e profughi sfollati dalle zone terremotate. Il lavoro svolto in quell’occasione portò al Comitato di Pisa tre onorificenze, tra cui una medaglia di bronzo.

Non ci fu dunque difficoltà ad organizzare anche a Pisa, come già veniva fatto altrove, un primo corso per Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana, istituito nel maggio del 1909, con le prime diplomate effettive dal luglio del 1910.

Nel 1909, intanto, era stato chiamato alla presidenza il prof. Dario Bocciardo, esperto di radiologia medica, che dovette gestire un periodo delicato di riorganizzazione del sistema pisano della assistenza sociale (è di quegli anni la fusione di Pubblica Assistenza e Croce Bianca in un unico organismo). Bocciardo, uomo di idee innovative, era un convinto fautore di una decisa accelerazione nei metodi e nella organizzazione della C.R.I., che implicava una presenza assai più attiva nella società civile.

Nel 1910 la Croce Rossa di Pisa subentrò alla Società di Mutuo Soccorso Croce Bianca del Piano di Pisa (che aveva sede a San Frediano a Settimo), assumendone la quota di lavoro e ampliando così il proprio ambito territoriale. Tutto questo imponeva una continua ricerca di fondi, che specialmente le dame seppero perseguire con grande alacrità, raggiungendo l’apice con il grande avvenimento del ballo per la Croce Rossa organizzato a Pisa il 18 febbraio 1911.

Gli avvenimenti politici, però, fecero sì che si imponesse di nuovo ben presto la fisionomia originaria dell’impegno sui campi di battaglia. Allo scoppio della guerra italo-turca per la Libia, l’infermiera volontaria Clarice Pierini Borella di Pisa fu chiamata a Tripoli a prestare servizio di assistenza ai militari italiani feriti. La dama pisana precedette di poco la partenza di un contingente maschile, guidato dal tenente medico Luigi Bertini. Il 10 gennaio del 1912, al loro rientro da Tripoli, i militi pisani della Croce Rossa furono accolti da una folla di cittadini, che li accompagnò in corteo dalla stazione fino in piazza Garibaldi.

Nello stesso anno 1912 il Comitato di Pisa passò sotto la presidenza del professor Giuseppe Tusini, clinico universitario, direttore dell'Istituto di Patologia Chirurgica. Dal 1914 la C.R.I. di Pisa si dedicò soprattutto al potenziamento delle risorse, alimentando la raccolta di fondi da investire nell’acquisto di strumenti e di materiali, oltre che nell’organizzazione di corsi di addestramento di diverso tipo.

Tra le altre cose, dall’inizio del 1915 Pisa lavorò alla fondazione, nella sua zona, della Croce Rossa Italiana Giovanile, organizzazione creata per gli ambienti scolastici, rivelatasi particolarmente efficace sul territorio. Il successo tra gli studenti doveva riferirsi anche alla propensione che molti giovani manifestavano per l’intervento in guerra, verso il quale i dirigenti locali della Croce Rossa di Pisa non si mostrarono ostili. Incombevano però anche le questioni “civili”.

Alla fine di febbraio dello stesso anno, la Croce Rossa Italiana di Pisa si mobilitò infatti per il terremoto della Marsica che aveva fatto circa 30.000 vittime. In breve tempo fu disposto l’invio di coperte, vestiario e viveri e si organizzarono squadre di soccorso per contribuire allo slancio nazionale. Meno di tre mesi dopo, il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarava la guerra all’Austria – Ungheria.

A cura di: Alessandra Pollina

 

Bibliografia:
Emilio Avv. Prof.  Bianchi, La Croce Rossa Italiana. Il suo Passato e il suo Avvenire, Conferenza pubblica tenuta nel R. Teatro Ernesto Rossi il 16 giugno 1889, Pisa, Tipografia T. Nistri e C,  s.d.,
Vasco Galardi, La storia cronologica della CRI nella provincia di Pisa; dal 12 maggio 1820 all 23 dicembre 2000, Casciana Terme, Tipografia Fracassi, 2001. 
Ministero per i Beni e le Attività culturali Biblioteca Universitaria di Pisa, Un secolo di associazionismo nel territorio pisano (1850-1950), Pisa, Edizioni ETS,  2000.
Ippolito Spadafora, Pisa e la Massoneria, Pisa, Edizioni ETS, 2010.
Sandra Cerrai, Pubblica Assistenza SR Pisa Un lungo cammino assieme, 134 anni di solidarismo e mutualità (1886-2019), Pisa, Il Campano, 2021.
Maurizio Vaglini, L'Ospizio Marino di Boccadarno nella storia di Marina di Pisa, edizioni Phasar, 2012.
Gianluca Fulvetti e Stefano Gallo edizioni, Antifascismo, guerra e resistenza a San Giuliano Terme, Pisa, Edizioni ETS, 2014.
Alberto Zampieri, Pisa negli anni della Grande Guerra, Pisa, Pacini editore, 2015.
Massimo VitalePerò mi fò molto coraggio, Edizioni ETS, Pisa, 2016.
Antonio Cerrai e Giuseppe A. Cacciatore, Storia del Comitato di Pisa di , nella raccolta “Storia della Croce Rossa in Toscana dalla nascita al 1914. I. Studi” a cura di Fabio Bertini Costantino Cipolla Paolo Vanni, Milano, Edizioni Franco Angeli, 2023.
 
 
 
 
Seconda parte dal 1915 al 1928  

in costruzione

 

 

 

 


Ricerca storica: Giuseppe Cacciatore e  Roberto Marchetti 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Siluet uomo Siluet uomo a Emilio Bianchi  Barduzzi Domenico 1 Siluet    
Giosafatte Baroni  On. Gen. Francesco Villani  On. prof. avv. Emilio Bianchi Prof. Cav. Barduzzi Domenico  Sorella Clarice Pierini Borella    
             
             
             
             
Antonio Cesaris Demel c  Giuseppe Tusini 3  merelli livio Pardi Francesco 1 Livia Gereschi Marassini Alberto 1   
Prof. Dott. Antonio Cesaris-Demel   Gr. Uff. Prof. Tusini Giuseppe  Dott. Livio Merelli Prof. Pardi Francesco  Sorella Livia Gereschi  Prof. Marrassini Alberto  
             
Rossi Vincenzo 1 Letizia Da Cascina           
 Prof. Rossi Vincenzo  Sorella Letizia da Cascina              
             

 

 " Nessuno muore sulla terra finchè vive nel cuore di chi resta"

 

 

Ricerca storica: Roberto Marchetti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gr.Uff. Dr. Paolo Padoin

 

 Franco Mosca

 

Cav. Gran Croce Dr. Rodolfo Bernardini

Gr.Uff. Dr. Paolo Padoin Comm. Prof. Franco Mosca Cav. Gran Croce Dr. Rodolfo Bernardini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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