Castiglione delle Stiviere
Di origine forse etrusca, conobbe nel tempo invasioni barbariche e il dominio longobardo.
A motivo della sua posizione geografica fu zona molto contesa nel periodo delle Signorie, fra Gonzaga, Visconti e Scaligeri, fino a quando, nel 1511, entrò a far parte del Marchesato di Castel Goffredo, Castiglione e Solferino. Nel 1559 iniziò con il marchese Ferrante Gonzaga la sua storia di feudo autonomo.
È di questo periodo la nascita di Luigi Gonzaga (1568) che sarà proclamato santo nel 1726, e che oggi è venerato nel mondo come “il santo della Gioventù e degli Studenti”. La figura di San Luigi comportò la presenza in città di un prestigioso collegio gesuitico che, nei secoli, formò generazioni di classi dirigenti bresciane e mantovane. La città fu sede di due episodi della Guerra di Successione spagnola, rispettivamente nel 1702 e nel 1706, anno nel quale il Castello fortificato venne distrutto per mano delle truppe francesi.
A causa della politica filo francese dei suoi signori, il principato fu occupato dalle truppe imperiali nel 1691 e di fatto sottoposto all’autorità dell’imperatore, finché nel 1773 il principe Luigi III Gonzaga, pretendente dello stato, rinunciò ad ogni diritto sovrano a favore dell’Austria.
Il 5 agosto del 1796 fu teatro della Battaglia di Castiglione nella prima campagna d’Italia di Napoleone Bonaparte. Il successivo dominio austriaco durò fino alla battaglia di Solferino e San Martino (1859) durante la Seconda Guerra d‟Indipendenza, tappa fondamentale nella storia del Risorgimento. Il combattimento ispirò Henry Dunant alla creazione di una delle associazioni umanitarie più importanti: la Croce Rossa Internazionale, idea che si concretizzò nel 1864 a Ginevra.
Dopo la Seconda Guerra di Indipendenza,Castiglione entrò a far parte della provincia di Brescia, diventando capoluogo di Circondario. Nel 1866, con la Terza Guerra d’Indipendenza, fu annessa al Regno d’Italia, entrando a far parte del territorio della provincia di Mantova. Nel 2001 Castiglione delle Stiviere ha ottenuto il titolo di città.
Fonte: terrealtomantovano.it
Ricerca storica: Roberto Marchetti
Battaglione scuole aviatori
Lo sforzo adddestrativo assorbì mezzi ingenti, che il Commissario Eugenio Chiesa quantificò in 2.809 unità, pari al 23,4 % dell’intera produzione nazionale e sostanzialmente in linea con l’incidenza degli aerei scuola sulla forza totale (33,8% al 1° novembre 1917, 23,8% al 1° marzo 1918 e 31,9% al 1° giugno 1918).
Secondo Chiesa al termine della guerra esistevano 30 scuole di pilotaggio e perfezionamento, tra militari e civili, con circa seimila allievi piloti ed un gettito mensile di oltre mille brevettati. Ciascuno dei 24 campi scuola costruiti disponeva in media di circa 15.000 metri quadri coperti tra hangar, depositi e officine. Nel solo 1918 le 23 scuole di volo e quella di tiro di Furbara totalizzarono 130.108 ore di volo per 11.662 frequentatori tra Esercito, Marina e stranieri, in gran parte americani. Nel primo anno di guerra il Battaglione Scuole Aviatori venne articolandosi su tre gruppi scuola per un totale di dieci campi. In esso confluì anche il Gruppo Scuole Civili per Aviatori Militari, creato il 1° maggio 1915 a Torino alle dipendenze del Comando di Aeronautica (Aviatori) ed al quale afferivano la Scuola Volontari Aviatori, la scuola SIT di Mirafiori, quella Gabardini di Cameri e quella (probabilmente SAML) di Cascina Costa. Alle scuole civili furono assegnati gli allievi che stavano già frequentando il «corso di perfezionamento», i piloti militari «dell’ultimo reclutamento muniti di brevetto di primo grado, e non ancora inscritti al corso» e i «borghesi sprovvisti del brevetto di pilota, prescelti tra coloro che ne avevano fatto domanda, che assumessero l’arruolamento volontario prescritto.» Nel giro di pochi mesi il Gruppo fu sciolto e le scuole passarono in gestione all’Esercito, a eccezione della Gabardini di Cameri che brevettò 1.141 piloti (23 nel 1915, 193 nel 1916, 414 nel 1917 e 511 nel 1918) e proseguì sino alla metà degli anni Trenta. Un’altra scuola civile fu gestita dalla SIAI di Sesto per preparare i piloti degli idrovolanti FBA acquistati da Esercito e Marina. A metà 1916 il Battaglione Scuole contava ormai 3.466 persone, compresi 194 tra impiegati e operai. Dei militari circa un quarto – per l’esattezza 744 - erano piloti, ma i dati disponibili non distinguono tra aspiranti piloti, allievi piloti e piloti, né, in questa categoria, tra istruttori e brevettati impegnati nel passaggio macchina.
Alla fine del maggio 1916 esistevano otto scuole di volo S. Giusto, Coltano1, Busto Arsizio, Cameri, Cascina Costa, Venaria Reale e Cascina Malpensa), una scuola allenamento (Mirafiori) ed una scuola osservatori ( Centocelle), per un totale di 650 persone tra piloti (164), allievi piloti (159) ed aspiranti allievi piloti (327). Il programma per la primavera 1917 richiedeva 1.450 piloti, per i quali fu pianificata l’espansione alle scuole sino a poter accogliere entro ottobre 1.300 aspiranti allievi piloti. Nell’estate 1916 fu creato il Comando Scuole Aviatori, comprendente i sei gruppi scuole (dei quali due, compreso uno per idrovolanti, in via di costituzione) e posto alle dirette dipendenze del Comando d’Aeronautica. L’espansione verso sud era legata soprattutto a considerazioni meteorologiche legate al maggior numero di giorni volativi. Gli ambiziosi propositi di crescita si realizzarono solo in parte, sia in termini assoluti che di effettiva operatività delle singole scuole. Alla fine del primo semestre 1917 erano in attività quattro gruppi terrestri ed uno idrovolanti, per un totale di 15 scuole, un numero ancora insufficiente in relazione alla quintuplicazione degli aerei disponibili, tanto che la Direzione Generale d’Aeronautica riteneva necessario avere dal Comando Supremo trecento “aspiranti-allievi” al mese e portare la capacità delle scuole di pilotaggio ad almeno 2.500 allievi. Nell’aprile 1917 per le esigenze della Marina riaprì la scuola di Taranto, affiancandovi l’anno successivo quella di Bolsena. [...]
1 - Allo scoppio della Grande Guerra, il crescente fabbisogno di piloti da impiegare al fronte, portò all’allestimento poco dopo di una seconda scuola di volo sul vicino campo di Coltano, da affiancarsi a S. Giusto, nei pressi del celebre Centro Radio inaugurato da Guglielmo Marconi. E’ di questo periodo il primo esperimento di posta aerea sulla rotta Torino-Pisa-Roma, portato a termine il 25 maggio 1917
Fonti: ilfrontedelcielo, centroaeronauticoantoni
Ricerca storica: Roberto Marchetti
Supino Mario
Mario Supino (1879-1938)
Membro di spicco di una delle famiglie ebraiche più influenti di Pisa all'epoca. Figlio di una lignaggio che aveva radici nel commercio in diverse città toscane, i Supino avevano giocato un ruolo significativo anche nella storia degli ebrei in Inghilterra nel XVII secolo. Nel XIX e XX secolo, i Supino fecero emergere figure di rilievo nel campo politico, accademico e artistico, come Igino Benvenuto, storico dell'arte, e David Supino, giurista e rettore dell'Università di Pisa.
Mario, nipote di David, condivideva gli ideali liberali e il fervore per l'attivismo sociale. La sua partecipazione alla direzione della Croce Bianca era una testimonianza tangibile del suo impegno per la comunità. Eletto consigliere comunale a Pisa con il Blocco Popolare, si trovò a fare opposizione a una giunta moderata e clericale.
Le sue battaglie per migliorare le condizioni igieniche, in particolare per spostare i cimiteri lontano dai centri abitati, gli procurarono critiche e attacchi politici. I suoi avversari, in particolare, lo accusavano di intromettersi in questioni non di sua competenza, suggerendo che gli ebrei dovessero limitarsi alle proprie comunità e alle proprie pratiche religiose.
Roberto Marchetti
Fonte: Sonia Cerrai Pubblica Assistenza SR Pisa: Un lungo cammino insieme. Edizione Il Campano.
Ricerca storica: Roberto Marchetti
Ospedale di Marina
[...] Con lo scoppio della I guerra mondiale l' Ospizio viene utilizzato come "ospedale di riserva", che deve raccogliere i soldati feriti al fronte. Tutta Pisa e provincia del resto vedono in questo periodo requisite le strutture pubbliche, da alcuni reparti del Santa Chiara a scuole e conventi, Il conflitto mondiale produce giornalmente una gran massa di feriti, proprio per le caratteristiche del tipo di guerra condotta, feriti che vengono portati da treni direttamente all'interno dell'ospedale pisano mediante un apposito percorso ferroviario.
Dunque il Nostro Ospizio viene affidato alla Croce Rossa, per allestirvi posti letto peri nostri soldati e il Comitato Pisano, presieduto dall' infaticabile prof. Francesco Pardi, trasforma la struttura in un completo ospedale esclusivamente chirurgico, con tanto d'impianto di riscaldamento ad aria calda, con acqua potabile calda e fredda, con un impianto di acetilene per garantire sia il riscaldamento che la luce a tutto l'edificio, attrezzando le stanze per la preparazione, la medicazione e l'operazione, con pavimentazione igienica, muri verniciati a smalto, lavandini, fogne di scarico, bagni e latrine tra le più moderne e una stanza per le radiografici.
Sotto la guida del prof Antonio Cesaris-Demel viene raggiunta la massima potenzialità strutturale, riuscendo a ricoverare oltre 2000 feriti di guerra in un triennio.
Termina la guerra e l'Istituto viene riconsegnato dalla Croce Rossa alla sua Amministrazione; ci si trova di fronte ad un locale completamente rimodernato e posto in condizioni di riprendere la sua originaria funzione.
Intanto lo spaventoso accrescere del contagio tubercolare durante la guerra ed immediatamente dopo spinge il Governo a mettere a disposizione una cospicua somma per la lotta a questo flagello.
Anche a Pisa, come in altre città italiane, si crea un Comitato Provinciale Antitubercolare, che promuova tutta una serie d' iniziative per contrastare la terribile infezione.
Ogni soluzione è ritenuta valida purché si raggiunga il risultato e così per iniziativa del Prof. Alfonso Di Vestea, uno dei clinici più attivi nel settore, sorge in altra parte della spiaggia di Marina di Pisa una fiorente colonia scolastica per sviluppare sempre di più la profilassi.
Alla Croce Rossa viene affidato il compito della creazione e del funzionamento di un Dispensario Antitubercolare per combattere l'infezione nei vari focolai che si sviluppano in città. [...]
Fonte: Maurizio Vaglini L'Ospizio Marino di Boccadarno nella storia di Pisa edizioni Phasar 2012
Ricerca storica: Roberto Marchetti
Panfilo reale Savoia
Costruito nel cantiere di Castellammare di Stabia il 23 giugno 1883 con la qualifica di Panfilo Reale, il Savoia (che chiameremo I° per non confonderlo con un successivo panfilo reale avente lo stesso nome) fu iscritto nel Registro del Naviglio della Reale Marina e classificato come Incrociatore Ausiliario di 2ª Classe.
Prua stellata, tre alberi, un fumaiolo.
Venne utilizzato per quattordici anni come nave di rappresentanza e da diporto per la famiglia reale italiana.
L'8 settembre 1892 per i festeggiamenti del IV° Centenario della Scoperta dell'America attraccò a Genova sbarcando il Re Umberto I° e la Regina Margherita.
Nel 1895 al comando del Principe Tomaso di Savoia, Duca di Genova, il Savoia (I°) su invito dell'Imperatore di Germania rappresentò l'Italia ai festeggiamenti per l'inaugurazione ufficiale del Canale di Kiel.
Restò in servizio operativo sino al 1897 per essere poi sostituito dal Trinacria.
Venduto nello stesso anno alla Compagnia La Veloce di Genova, fu trasformato in nave passeggeri.
Furono ricostruiti gli interni ed i ponti, eliminato un albero ed allungata la ciminiera per ottenere miglior tiraggio.
Mantenendo lo stesso nome, fece molti viaggi per il Nord e Sud America restando in servizio sino al 1923.
Fonte: agenziabozzo
Ricerca storica: Roberto Marchetti
L'attività massonica a Pisa
Non è facile fissare una data d'inizio del fenomeno Massoneria a Pisa; le notizie relative alla presenza dell'Ordine in città nel primo periodo della sua espansione in Italia non sono numerose, e appaiono per altro frammentate ed incerte. La presenza di massoni nell'Ateneo pisano già a partire dalla metà del secolo XVIII è cosa certa, ma mancano notizie su un'attività ordinaria di logge costituite in Pisa prima del 1801. Al momento i documenti più antichi attendibili appaiono alcune segnalazioni del Bargello, che a partire dal 14 dicembre 1801 inizia a fornire notizie sull'attività massonica cittadina. Quando alla loggia in questione iniziano a partecipare soggetti già noti come Patriotti e democratici, alcuni dei quali vicini alla cerchia del Mazzei, dei Vaccà Berlinghieril e degli altri intellettuali pisani in fama di giacobini. Il primo rapporto, datato 14 dicembre 1801 ci informa dell'esistenza in Pisa di una loggia massonica, che si riunisce presso la casa dell' Ebreo Aghib di Livorno.
A Pisa, nel periodo napoleonico, la Massoneria non visse grandi cambiamenti, cosa che invece avvenne nelle altre città Toscane. L'esperienza bonapartista fu breve, ma provocò ovunque grandi e radicali trasformazioni. Il nuovo sistema di governo dell'impero, basato su un sistema ad amministrazione decentrata, aveva necessità di reperire funzionari locali tecnicamente preparati, e soprattutto ben radicati nel tessuto sociale. Non ci furono grandi traumi, né sostanziali revocazioni di privilegi acquisiti, e soprattutto molte nobili famiglie videro essenzialmente assegnarsi i nuovi titoli nobiliari napoleonici.
Pisa non si lasciò tentare da mode contingenti e fu per questa ragione che la Massoneria pisana fu meno investita dalla reazione popolare antimassonica che si verificò ovunque nel periodo della Restaurazione. In ogni caso la Massoneria ufficialmente si era schierata con Napoleone, ed una parte di essa che andava radicalizzando posizioni antibonapartiste, rigorosamente repubblicane e democratiche, preferì promuovere organizzazioni collaterali, vicine per ritualità e per cultura alla Massoneria, ma politicamente impegnate in prima linea.
"Si è dato nome di Adelf a pochi individui componenti una ristretta Associazioine che esiste in Italia. Il nome e la forma della medesima sono di origine Inglese, poiché una consimile Società è conosciutissima in Londra. Valtancoli ci informa poi che la setta è particolarmente potente e che ambisce essenzialmente all'acquisizione del potere: "Si vuole che presso ogni Gabinetto d'Italia siavi un Adelfo, o almeno un di lui fidato Agente incaricato di scoprire i segreti e parteciparli all'Associazione.
Giuseppe Montanelli, insieme a Enrico Mayer e a Silvestro Centofanti nel 1832 animano una vera e propria chiesa sansimoniana, provocatoriamente fondata all'interno del Collegio di Santa Caterina. Montanelli ricorda con queste parole le motivazioni che lo spingevano nel suo impegno all'interno della setta': " dottrina siffatta dai pantani del gretto materialismo mi sollevò a più spirabile aere.
Soci perpetui
Dal Borgo Netolisky contessa Eleonora,
Fonte: Il Ponte di Pisa n. 07 del 13 febbraio 1916
1917
- luglio l' Associazione dei Reduci delle Patrie Battaglie si iscrive come socio perpetuo della Croce Rossa versando le 100 lire di prammatica.
Fonte: Massimo Vitale "Però mi fo coraggio" Edizioni ETS
1945
- Livia Gereschi, (def.) su richiesta delle II.VV. vine iscritta quale socia perpetua .
Fonte: Relazion e su Liava Gereschi del 25 febbraio 1945 a firma di Dina Centoni. Archivio II.VV. Pisa
Ricerca storica: Roberto Marchetti
Decidi di aiutarci 2023
Chiediamo a ciascuno di voi di voler promuovere la sottoscrizione della dichiarazione dei redditi 5x1000 a favore della CRI Comitato di Pisa, il vostro Comitato, parlando con il Commercialista, con il CAF, o direttamente.
Promuovete questa opportunità anche presso le aziende e partite iva che conoscete.
Da questo gesto apparentemente senza valore e senza nessun onere per chi lo farà, può dipendere invece l’acquisto di uniformi, di veicoli, di attrezzature, lo sviluppo di nuovi progetti, il sostegno alle vulnerabilità.
Aiutateci a diffondere questo messaggio.
Sostenete il vostro Comitato CRI.
Il Guerriero Pisano
L’Associazione Culturale “Il Guerriero Pisano” nasce nell’anno 2002, da un'idea del sottoscritto, per dare un riconoscimento a persone o Istituzioni di Pisa e Provincia che si sono particolarmente distinte nei settori socio-economico, scientifico e culturale dando così lustro e ulteriore fama alla città.
Il giorno 8 Aprile 2002 nella riunione presso la Sede della Casa Editrice E.T.S. nasce il Comitato Le Baleari “Il Guerriero Pisano” presieduto dal Dr. Alberto Bravi.
Nell’anno 2003 con atto notarile il comitato si trasforma in Associazione Culturale con la relativa registrazione dei marchi.
L’Associazione ha come scopo principale l’organizzazione del Premio “Le Baleari – Il Guerriero Pisano”, riconoscimento che viene assegnato ogni anno da qualificata giuria, durante la serata del Premio viene consegnata a tutti i presenti una pubblicazione sulla storia pisana curata dal prof. Alberto Zampieri.
Nell’anno 2008 nel mese di marzo, inserito nel programma del Capodanno Pisano, ha indetto in collaborazione con il Comune di Pisa un concorso per le scuole superiori denominato “Pisa Repubblica Marinara e le sue Glorie”, ai vincitori sono stati assegnati premi prestigiosi .
Dall’anno 2007, nel mese di giugno, collabora all’organizzazione, con il Club Di Ciolo alla manifestazione “La Disfida delle Repubbliche Marinare”
Il Presidente
Alessandro Cesarotti
Il premio Il Guerriero Pisano prende il titolo da una delle imprese più entusiasmanti e gloriose della storia di Pisa repubblicana e marinara: la conquista delle isole Baleari.
Da questo avvenimento storico il nome della Repubblica Marinara pisana viene temuto e rispettato da tutti e ovunque le navi di Pisa portano con sé l'orgoglio e la potenza di una città veramente libera, ricca e prospera.
Protagonista e artefice di tale evento fu il guerriero pisano che col suo coraggio, la sua volontà, la sua fierezza, il suo senso civico uniti alle sue straordinarie doti di soldato di terra e di mare superò difficoltà e ostacoli per quel tempo quasi sovrumani. Per questo motivo il premio ha come simbolo un guerriero pisano in costume del secolo XII riprodotto a sbalzo su lastra d’argento e dipinto a mano, pregevole opera d’arte.
Tale ambito riconoscimento viene assegnato ogni anno dal 2002, da qualificata giuria, a cittadini pisani di nascita o adozione, che si sono distinti per la loro opera nel campo delle arti, dei mestieri, della scienza, della tecnica, della cultura, dell’economia e del sociale contribuendo a dare lustro e ulteriore fama alla città. Per le stesse motivazioni il premio potrà essere esteso anche a enti, cooperative e società operanti sul territorio.
Fonte: guerrieropisano
Ricerca storica: Roberto Marchetti
Franco Merlo scultore e liutaio
Nato ad Oppeano (Vr) nel 1938 Vive a Bovolone (Vr), Via Canton 42.
Lavora a Bovolone, Viale del Lavoro 9 – tel./fax 045 6949072
Ha iniziato a lavorare giovanissimo come falegname in una delle prime botteghe nate in paese nel dopoguerra, imparando la riproduzione di mobili in stile e praticando tutte le lavorazioni a mano, dalle sgrossature all’intaglio per poi finire con il lucido.
Una scuola dura e selettiva, dove solo chi aveva talento e passione poteva continuare.
All’età di ventitre anni si è messo in proprio, ha cresciuto una famiglia, trasmettendo mestiere e volontà ai figli Michele e Giordano.
Ha coltivato nel contempo la sua passione di sempre: per la musica, iniziando dapprima col diploma in solfeggio ottenuto con corsi serali, e imparando poi a suonare chitarra e mandolino. E sulle note del mandolino ha inciso un nastro di canzoni napoletane in collaborazione con altri due musicisti.
Ha frequentato per cinque anni la scuola di disegno applicato ad arti e mestieri ricevendo varie premiazioni.
Violini, violoncelli e mandolini hanno sempre suscitato grande fascino su di lui, così ha iniziato a scoprirli riparando e restaurando vecchi liuti trovati nei mercatini.
Da autodidatta poi ha imparato la costruzione dello strumento e vi si è dedicato completamente con gradissima soddisfazione.
In breve ha raggiunto risultati di eccellenza per la qualità costruttiva e per il suono. Ha ricevuto prestigiosi premi ed è apprezzato da celebri violinisti quali il Maestro Giovanni Guglielmo, Rettore del Conservatorio di Vicenza e concertista di fama internazionale; il Maestro Glauco Bertagnin, primo violino dei Solisti Veneti e il Maestro Francesco Ferrarini violoncellista.
Fonte: accademiaarteartigianato
Ricerca storica: Robero Marchetti
Posto di ristoro
In un angolo della Piazza della Stazione, una piccola bandiera, che il vento spesse volte arrotola sull’asta, quasi volesse toglierle l’aspetto di superba baldanza e consacrarla alla modestia, una bandiera — Dove la Croce ha il rosso di una piaga — richiama a se i soldati feriti e malati, come le braccia di una madre chiamano i figli. Quivi è il Posto di Ristoro della Croce Rossa, dove madri e sorelle, giorno e notte, amorosamente, porgono il conforto morale e materiale ai soldati ammalati e feriti, che di lì transitano.
Questo Posto di Ristoro nacque all’ inizio della guerra; così: senza pompa, senza cerimonie e, coraggiosamente, senza patrimonio, senza alcun aiuto ufficiale. Nacque proprio dal cuore delle mamme che vollero subito, col loro soccorso, porgere un affettuoso tributo di riconoscenza ai primi soldati che ave vano compiuto il loro dovere là, sulla fronte; nacque e si mantenne sempre per virtù propria.
E furono prima bibite ghiacciate che, al passaggio dei treni affollati, in quelle notti caldissime, vennero dispensate ai soldati per mitigarne l’arsura, per ristorarli dalla fatica del lungo viaggio. E furono poi bibite e tazze di latte o panini.
Giungevano nella notte, a tardissima ora, i treni sbuffanti, come oppressi da tutto quel dolore; e sembrava che col lungo fischiare gridassero il loro strazio, quasi a richiamarci alla mente tutti i nostri doveri di amori o di pietà, e subito si distribuivano le bibite che cento e cento bocche chiedevano. Quanta gratitudine traspariva poi dallo sguardo e dal sorriso di quei buoni ragazzi !
Incoraggiate dal Consiglio Direttivo e dalla Sezione femminile di questo Comitato, le Socie della Croce Rossa esplicarono poi dentro il Posto eh Ristoro, e sempre più largamente. d compito pietoso.
Quanti soldati si fermano al Posto diRistoro ? ...
Feriti, malati, convalescenti, soldati che vanno da un ospedale all’altro. o, che finita la convalescenza, si recano ad abbracciare la famiglia; malati gravissimi che i militi con tanta cura ci portano in barella, tanto gravi che ci sembra debbano spirare sotto i nostri occhi, e che vanno a morire nelle braccia della loro mamma; epilettici riformati, ciechi, dementi, pazzi, creature tutte chè devono sostare per delle ore alla stazione per aspettare la partenza o la coincidenza e che dovrebbero perciò restare molte volte per delle intiere notti, al freddo, in piedi, o sdraiati per terra...
Quante volta escono la mattina dall’ospedale e vengono qui per ripartire la sera !
Il Posto di Ristoro li accoglie tutti e li sostenta. Chi scrive ricorda di aver veduto distribuire, in una notte, ben novanta risotti a quei feriti che, pur doloranti nelle loro piaghe, conservavano le esigenze di uno stomaco giovane e sano.
Vengono dei timidi soldati che non osano dimandare una tazza di latte e stentano ad accettarla se viene loro offerta, e poi domandano quanto costa e quasi non credono che nulla debbano dare: e soldati che affetti da malattia nervosa rifiutano il cibo, e la mamma improvvisata affettuosamente lo porge loro e riesce a persuaderli: e soldati impossibilitati a muoversi dalla loro barelle che nulla domanderebbero e che accettano con tanta gratitudine la tazza del latte che la Sorella, sorreggendoli, loro fa bere a sorsi. Passano dei disgraziati che non scendono e il Ristoro della Croce Rossa porta nel loro scompartimento la colazione sana e abbondante.
E quanti profughi, specialmente bimbi, digiuni, non vennero qui nutriti ? Picchiarono forse una sola volta invano a questa porta ? Infatti, dal 1° Ottobre 1915 (e cioè dopo 5 mesi e 5 giorni dall' apertura del Posto di Ristoro) al 22 Febbraio 1918, furono ristorati 31948 soldati italiani e 1992 prigionieri nemici.
Fu la necessità che s’impose; curare il soldato e nutrirlo, curare il soldato e impedire lo sconcio che si vedesse ferito o ammalato li disteso per terra. E a Pisa, come in tante altre città, sorse il Posto di Ristoro.
Noi non li vedremo mai più quelli che assistemmo; e vorremmo averli seguiti tutti ad uno ad uno, col nostro cuore di madre e di sorella, seguirli nei luoghi ignoti del loro ignoto destino e confortarli con tutta la pietà di cui ogni donna ha pieno il cuore; seguirli e renderli tutti ancora forti e lieti alle loro mamme.
Le cifre suesposte chiaramente dimostrano quanto denaro occorra mensilmente per questa opera d’amore e di dovere verso i nostri soldati; e le offerte di pochi generosi, il sacrificio delle pietose donne Pisane che ad essa si dedicano, l’aiuto del Comitato che, cosciente dell’utilità di quest’opera, volle sostenerla, tutto ciò che la tenne in vita sin qui, ora, di fronte al numero dei soldati, alle crescenti spese, ora non è più sufficiente, ed occorre che tutta la cittadinanza si renda conto dell'opera grande, e concorra tutta, con le sue forze, sieno pur limitate, ad alimentare la fiamma d’amore che riscalda e rianima tante giovani forze, le più pure, le più belle, dedicate alla Patria.
L'appello che facciamo alla cittadinanza è, più di lutto, rivolto alle madri che possono meglio apprezzare e comprendere l’utilità del soccorso che qui si dà alla più bella parte della nostra gioventù, che tutta sé stessa offre alla grande madre comune — la Patria —; e i Pisani saranno certo, come sempre, generosi e vorranno contribuire alla vita della pietosa istituzione, per la quale occorrono somme non indifferenti.
Pensino le mamme che anche due soldi serviranno a dare una tazza di latte a un soldato, e che se questa tazza di latte ristora oggi uno sconosciuto, domani, fuori di qui. in un altro Posto di Ristoro, una tazza di latte ristorerà forse un loro figlio.
Una Socia della Croce Rossa.
A disposizione letti per chi deve aspettare allungo le coincidenze. Si avvicendano nel servizio "signore e signorine delle famiglie più distinte di Pisa".
"Sono la più umile delle donne - si legge sull Ponte sotto lo pseudonimo Selvaggia ma forse è la Tagliagambe - ma sento la nobiltà e la fierezza di questo nuovo dovere che ci unisce. Lana, lana per i nostri soldati. Nessuno può rimanere inerte.
Madri, spose, sorelle, fidanzate, amiche, e sopra tutto donne italiane, sanno tutte che è giunta l'ora del loro più grave e delicato dovere". Quelle di S. Giuliano hanno preparato corpetti, e guanti che inviano a 30 soldati del paese. [...]
[...] La contessa Sofia Franceschi-Bicchierai illustra il lavoro svolto dal comitato femminile Pro Patria: 500 le signore e signorine che hanno aderito; assistiti 150 bambini del ricreatorio Italia, cui sono stati distribuiti 889 capi d'abbigliamento; lavoro a 340 donne bisognose che hanno realizzato circa 9.000 indumenti per militari e 435 maschere antigas con borsa; dalle volontarie confezionati altri 3.150 indumenti di lana, 930 di cotone e 3.500 capi di biancheria; consegnati ai profughi indumenti, biancheria da letto e da tavola. [...]
Le navi ospedale della nostra marina
Seguendo il nobile esempio, già da molti anni il corpo sanitario della nostra marina studiò e discusse l'argomento, preparando la via all’effettuarsi del suo lungo desiderio. L’ispettorato di sanità in Roma e la direzione di sanità del 1° dipartimento (Spezia) poterono finalmente mettersi all’opera e, nei tre anni ultimi decorsi, con diligente e continuo lavoro di alcuni dei più competenti ufficiali del corpo medico di marina, si è compiuto, oltreché il rinnovamento del materiale sanitario delle navi da battaglia, anche l’allestimento di quello necessario ad armare le navi-ospedale.
Così allorché, dichiarata l’attuale guerra colla Turchia, si ritenne che due navi-ospedale fossero necessarie, giunsero a Spezia il 26 settembre 1911 il Re d’Italia e la Regina d’Italia, e dopo sei giorni ripartirono in completo assetto, pronti a ricevere ciascuno almeno 500 feriti o ammalati ed in caso di necessità anche qualche centinaio di più.
Le due navi sono gemelle, identiche quindi nella loro apparenza esterna e nelle disposizioni interne, identico il materiale sanitario imbarcato ed il concetto che ha presieduto alla disposizione di esso, sicché la descrizione di una sola di dette navi può servire a farle conoscere ambedue al pubblico, il quale, in gran parte, non può avere un’idea esatta di quanto è preparato per la cura in navigazione dei soldati e dei marinai feriti o malati.
I due piroscafi sono di circa 7000 tonnellate (lorde) colla velocità di circa miglia 14.5 all’ora e sono costrutti ed usati pei viaggi dall’Italia a New York, portando all’incirca 1500 passeggeri di terza classe (emigranti) alloggiati in due ponti sotto coperta. Hanno una grande sovrastruttura centrale che comprende, nel piano di coperta, rinfermeria emigranti, gli alloggi per gli ufficiali del piroscafo ed i servizi (cucine, forni, dispense). Nel piano superiore è disposta a 4 letti, con sala da pranzo , sala da musica, fumoir ed una bella passeggiata che circonda tutto il corpo centrale. Ancora al disopra è il ponte delle lande, il comando, la sala nautica, il telegrafo Marconi.
Questi piroscafi sono armati con persoli ale mercantile, il quale ha accettato di partecipare alla missione, comandato da un capitano proposto dalla Società armatrice. Il personale della regia marina è rappresentato dal direttore dell’ospedale (Colonnello o Tenente-Colonnello medico), da quattro Maggiori medici capi riparto e da altrettanti Ufficiali medici inferiori quali aiuti o assistenti. Il personale sanitario è poi completato da un farmacista col grado di Tenente e, per l’assistenza religiosa dei malati, è imbarcato un sacerdote dell’ordine dei Camilliani. I medici civili, dipendenti dalla Società, hanno nobilmente offerto la loro opera e disimpegnano essi pure l’ufficio di assistente. Comandante militare della nave-ospedale è un Ufficiale superiore di vascello (riserva navale) al quale fa capo tutto ciò che ha relazione col servizio puramente militare-marinaresco. Un opportuno numero di graduati e di comuni della categoria infermieri della regia marina è distribuito ai vari servizi ospitalieri.
Tutto l’ospedale è diviso in quattro riparti, capace ciascuno di circa 125 letti e, al bisogno, anche di più; essi sono retti da un maggiore medico con l'assistenza di un capitano e e di un tenete medico.
Questi riparti poi sono situati a livello del primo ponte sotto coperta (batteria), il quale è un unico grande ambiente che si stende da prima a poppa, ben ventilato ed illuminato da una doppia fila di sportelli e da cinque ampi boccaporti. La batteria, la cui parte centrale è occupata dal grande boccaporto delle macchine, conserva, disposte in due piani, le cuccette per gli emigranti e ora, abolito il piano superiore di cuccette, diradando opportunamente il numero di quelle inferiori, vi si trovano circa trecento lettini.
Samuele Angeloni
Navi ospedale:
- Washington (1854 - 1904)
- Albaro (1890)
- Brasile (1905)
- Clodia (1905)
- Menfi (1911)
- Cordova (1906 - 1918)
- Ferdinando Palasciano (1899 - 1923)
- Italia (1905 - 1943)
- Marechiaro (1911-1916)
- Re d'Italia (1907 - 1929)
- Regina d'Italia (1907 - 1928)
- R 1 (1911)
- Santa Lucia (1912)
- Gargano
- Aquileia (1914 - 1943)
- Arno (1912 - 1942)
- California (1920 - 1941)
- Città di Trapani (1929 - 1942)
- Gradisca (1913 - 1950)
- Po (1911 - 1941)
- Principessa Giovanna (1923 - 1953)
- Ramb IV (1937 - 1941)
- Sicilia (1924 - 1943)
- Tevere (1912 - 1941)
- Toscana (1923-1961)
- Virgilio (1928-1944)
Navi soccorso
Navi soccorso:
- Capri (1930 - 1943)
- Epomeo (1930 - 1943)
- Laurana (1940 - 1944)
- Meta (1930 - 1944)
Fonte: wikiwand
Croce Bianca
La nascita dell’Associazione, dalla Compagnia di Pubblica Assistenza e dalla Croce Bianca alle “Società Riunite”
La Pubblica Assistenza Società Riunite di Pisa nasce il 30 settembre 1886. A seguito di un’epidemia di colera del 1884 in cui la Fratellanza Militare di Pisa, una mutuo soccorso tra i soci che dovevano aver militato o militare nell’esercito, aveva prestato soccorso ai cittadini colpiti, si iniziò a sentire l’esigenza di istituire un soggetto che agisse in caso di pubbliche calamità. Fu quindi fondata una Compagnia di Pubblica Assistenza che impiegò circa sei anni a diventare indipendente dalla Fratellanza Militare.
Nel 1889 le attività dell’Associazione iniziarono a essere rilevanti al punto di far si che il Prefetto convocasse una riunione con la Misericordia di Pisa per accordarsi sulla suddivisione dei compiti.
Il 21 gennaio 1891 la Pubblica Assistenza raggiunse la totale autonomia dalla Fratellanza Militare portando a se anche uomini e risorse della Società Pisana per la Cremazione dei Cadaveri.
Nel 1909 la Compagnia di Pubblica Assistenza e la Croce Bianca decisero di fondersi creando la “Pubblica Assistenza Società Riunite”. Questa scelta portò a far si che la nascente realtà cominciasse ad avere un ruolo egemone nel panorama dell’associazionismo mutualistico e sanitario pisano.
Nel 1914 inizia la Prima Guerra Mondiale. Le Pubbliche Assistenze parteciparono in prima linea al conflitto dando un forte aiuto per il soccorso dei feriti e dei rifugiati assieme alla Croce Rossa. Nella nostra Associazione sono 38 i caduti per cause legate alla guerra. Non è chiaro se morirono negli scontri o per le epidemie, ma i loro nomi sono riportati su una lapide esposta nell’attuale sede.
Il fascismo e la rinascita dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Nel 1933, il regime fascista sciolse la Pubblica Assistenza di Pisa, facendo passare tutti i possedimenti alla Croce Rossa mentre i volontari smisero le loro attività. Solo dopo la guerra, nel 1945 l’Associazione riprese corpo, creando nuovamente un consiglio e grazie alla donazione di una Lancia su cui realizzare un’ambulanza e di un fuoristrada americano Dodge ripresero le attività.
Uno dei problemi da risolvere fu la mancanza di una sede sociale, che fu riaperta in dei locali usati dai fascisti, in via San Martino 1 a Pisa. L’originaria sede dell’Associazione, nell’attuale Piazza Chiara Gambacorti (o Piazza alla Pera) fu infatti demolita. Non meno importante fu la mancanza di attrezzature, per le quali furono mossi numerosi passi per cercare finanziamenti sia da privati che dalle grandi fabbriche che rinascevano nel dopoguerra.
Riprese anche il presidio del territorio, riaprendo sedi distaccate nei quartieri di San Marco e Barbaricina ma anche nei comuni vicini. A Vecchiano, nella frazione di Migliarino la sede aprì nel 1947, nel comune di San Giuliano Terme riaprirono le sedi sia nel capoluogo, sia nella frazione di Asciano.
Fonte: P.A.Pisa
Ricerca storica: Roberto Marchetti
Trincea delle Frasche
Fonte: turismofvg.it
Ricerca storica: Roberto Marchetti
Terremoto di Sansepolcro
Il terremoto di Sansepolcro del 13 giugno 1948 ha lasciato un'impronta indelebile nella memoria della comunità dell'Alta Valle del Tevere. Con epicentro proprio nella zona di Sansepolcro, questo sisma ha scosso le fondamenta della tranquillità locale, lasciando dietro di sé un sentiero di distruzione e disperazione.
Con un'intensità massima valutata a IX grado della scala Mercalli e una magnitudo di 4.9 sulla scala Richter, il terremoto ha causato il crollo di quindici abitazioni, lasciando 2.500 persone senza tetto. Una tragica perdita umana ha colpito la comunità, con la morte di una donna causata dal crollo di parte della volta della chiesa di San Francesco.
Le scosse di assestamento, avvenute alle ore 13:50 e 14:20, hanno ulteriormente aggravato la situazione, mentre i danni materiali sono stati stimati intorno a un miliardo di lire. In risposta a questa catastrofe, la solidarietà è emersa come un faro di speranza: il governo ha inviato tende e medicinali, mentre il Papa stesso ha offerto il suo sostegno con provviste di pasta, riso e zucchero.
L'arrivo del Presidente del Consiglio dei ministri, Alcide de Gasperi, e del Ministro del Lavoro Amintore Fanfani, nativo della zona, ha rappresentato un momento di conforto e supporto per una comunità che stava affrontando una delle prove più difficili della sua storia recente.
Gli accampamenti allestiti fuori Porta del Ponte, in viale Diaz, viale Vittorio Veneto e nei pressi di Porta del Castello, hanno testimoniato la resilienza e la solidarietà di fronte alla tragedia. Pur tra le macerie, la forza e la determinazione della comunità di Sansepolcro hanno illuminato un cammino verso la ricostruzione e la rinascita.
Roberto Marchetti
Fonte: wikipedia
Ricerca storica: Roberto Marchetti
Veliti
Il Battaglione Veliti faceva parte dele truppe granducali
Il Battaglione Veliti era un'unità militare che faceva parte delle truppe granducali del Granducato di Toscana, che esisteva dal 1569 al 1859. Queste truppe facevano parte dell'esercito del Granducato e svolgevano diverse funzioni, tra cui la difesa del territorio e l'assistenza nelle operazioni militari. Il termine "Veliti" era spesso utilizzato per riferirsi a truppe leggere o fanteria leggera.
Il reclutamento prevedeva requisiti molto particolari: condotta morale ineccepibile, età compresa tra i 18 e i 25 anni, altezza minima di 1,65 m. e appartenenza ad una famiglia benestante che potesse versare una quota annua piuttosto cospicua.
Il 22 novembre 1848 Leopoldo II emanò un decreto che, dopo le considerazioni generali di rito, dispose nei primi due articoli:
"Art. 1 - Il Corpo dei Carabinieri, la cui denominazione è falsa quando il soldato non è armato di carabina, è nello stesso tempo sciolto e ricomposto col nome di reggimento Veliti.
Art. 2 - Gli Uffiziali e soldati del novello corpo dovranno essere fra quelli che godono e serbano probità specchiata e non comune valore nell'esercito".
Dopo aver dettato negli articoli seguenti le norme relative alle caratteristiche ed all'ordinamento dei Veliti, il decreto stabilì: "Gli Uffiziali e soldati del Reggimento Veliti godranno gli stessi stipendi e soldi che godeva il Corpo dei Carabinieri".
Il 5 maggio 1859 a Livorno, veniva costituito il Reggimento Granatieri del Governo provvisorio Toscano su due battaglioni, uno dei quali è il battaglione "Veliti".
Con l'applicazione della legge 11 marzo 1926 sull'ordinamento dell'esercito, assume la denominazione di 35° Reggimento Fanteria "Pistoia" ed a seguito della formazione delle brigate su tre reggimenti viene assegnato alla XVI Brigata di Fanteria assieme al 36° "Pistoia" ed al 66° "Valtellina"; rimane articolato in due battaglioni.
Fonte: carabinieri.it, storiaememoriadibologna.it, regioesercito.it
Ricerca storica Roberto Marchetti
La Romagna
Un Viaggio Indimenticabile lungo la Via dei Molini a Molina di Quosa: Tra Storia, Natura e Bellezza Toscana
Molina di Quosa, un incantevole borgo toscano, offre ai visitatori un'esperienza unica attraverso la sua suggestiva Via dei Molini. Immerso nella bellezza naturale e nella storia millenaria, questo percorso offre uno sguardo affascinante sulla tradizione e la tranquillità della campagna toscana.
La Via dei Molini, un sentiero tortuoso che si snoda tra antiche casette e mulini storici, si estende per circa due chilometri, regalando un viaggio suggestivo attraverso i secoli di storia e cultura locali.
Dopo aver completato questa affascinante prima parte del percorso, il viaggio prosegue lungo una strada più moderna, ma non meno affascinante. Attraverso la borgata Ciapino, i viaggiatori possono ammirare una vigna incantevole a sinistra e una pittoresca chiesetta circondata da alberi secolari a destra.
La strada continua a rivelare panorami mozzafiato, soprattutto in giornate limpide dove l'isola di Gorgona fa da sfondo netto, creando uno spettacolo divino tra cielo e terra.
Ma il viaggio non è solo un'esperienza visiva; è anche un'occasione per riflettere sulla storia e la memoria. La fermata presso il monumento ai caduti a "La Romagna" aggiunge profondità al percorso, invitando i visitatori a onorare coloro che hanno sacrificato per il bene comune.
Attraversando l'ultima parte di bosco, i viaggiatori sono avvolti da un'atmosfera di serenità e tranquillità, che completa l'esperienza unica della Via dei Molini a Molina di Quosa.
Questa strada non è solo un itinerario turistico, ma un viaggio attraverso il tempo e la cultura di un borgo toscano affascinante. Con i suoi mulini antichi, le chiese secolari e la maestosità della campagna circostante, la Via dei Molini offre un'esperienza indimenticabile per chi cerca una fuga dalla frenesia della vita moderna.
Roberto Marchetti
Ricerca storica: Roberto Marchetti
Pugnano
Pugnano: Tesoro Storico nel Cuore della Toscana
Immerso nella bellezza della valle del fiume Serchio, nel cuore della Toscana, si trova il pittoresco borgo di Pugnano, una frazione incantevole del comune di San Giuliano Terme, provincia di Pisa. Questo gioiello nascosto, situato sulla riva sinistra del fiume, ha una storia ricca e affascinante che risale all'alto medioevo.
Le sue origini risalgono a quel periodo cruciale dell'XI secolo, come testimoniato da un documento del 951 proveniente dal monastero di San Michele in Borgo, dove il villaggio è menzionato con il nome di Apuniano. Tuttavia, è tra il IX e il XIV secolo che Pugnano ha raggiunto il culmine della sua importanza storica, diventando il fulcro di un piviere, un'unità ecclesiastica territoriale, che controllava un vasto territorio comprendente ben quindici chiese parrocchiali e numerosi villaggi minori. Questo periodo ha segnato profondamente l'identità e l'importanza della frazione di Pugnano nella regione.
L'incantevole borgo è circondato da paesaggi mozzafiato: a est, le maestose alture del Monte Pisano dominano il panorama, mentre a ovest il tracciato della ferrovia e il canale Demaniale delimitano il suo confine, seguendo l'ansa del fiume Serchio. Un elemento naturale di rilievo è il fosso Civitonia, che discende dal Monte Tondo (423 m s.l.m.) e si unisce al canale Demaniale, arricchendo la bellezza paesaggistica della zona.
Pugnano è un luogo che incanta non solo per la sua bellezza naturale, ma anche per il suo patrimonio storico e architettonico. Le strade lastricate e le antiche case di pietra narrano storie di tempi passati, mentre le numerose chiese disseminate nel territorio testimoniano la profonda devozione e l'importanza religiosa che questo borgo ha sempre avuto.
Confina a nord con Ripafratta, a sud con Molina di Quosa, e ad ovest con Colognole, mantenendo saldi legami con le comunità circostanti e arricchendo la tessitura sociale e culturale della regione.
Oggi, Pugnano continua a essere un gioiello storico, un'oasi di tranquillità che conserva gelosamente il suo patrimonio e le sue tradizioni. Visitare questo antico borgo significa immergersi in un viaggio nel tempo, tra le testimonianze di un passato glorioso e la bellezza intatta della natura toscana.
In sintesi, Pugnano è molto più di un semplice borgo; è un tesoro storico che riflette l'essenza stessa della Toscana, con la sua storia millenaria, la sua bellezza mozzafiato e la sua autenticità senza tempo.
Roberto Marchetti
Certosa di San Giovanni Evangelista in Calci
La Certosa di Pisa a Calci è un vasto complesso monumentale che sorge alle pendici del Monte Pisano, a pochi chilometri dalla città di Pisa. Fondato nel 1366 da una famiglia di certosini, il complesso è stato ampliato tra il XVII e il XVIII secolo e si presenta oggi come uno splendido monumento barocco inserito in un contesto paesaggistico fortemente suggestivo. Originariamente detta “buia”, la valle di Calci fu rinominata Val Graziosa (piena di grazia) proprio in seguito alla fondazione del complesso monastico. Nel 1972 la Certosa, abbandonata dai pochi monaci rimasti, divenne Museo Nazionale, mentre nel 1979 la parte occidentale del complesso fu concessa in uso perpetuo e gratuito all’Università di Pisa, che vi fondò il Museo di Storia Naturale, da allora ampliato, arricchito e rinnovato.
Oggi la Certosa ospita quindi due distinti musei: il Museo Nazionale della Certosa Monumentale di Calci e il Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa. Le due istituzioni museali sono nate in tempi diversi, appartengono a enti pubblici distinti, sono collocate in parti differenti del complesso e hanno due diversi profili tematici e didattici. Tuttavia le loro vicende e collezioni, apparentemente così diverse, si intrecciano indissolubilmente all’affascinante storia del grande edificio che le custodisce.
Fonte: msn.unipi
Ricerca storica: Roberto Marchetti